Questo sito utilizza i Cookie per rendere i propri servizi semplici e efficienti per l’utenza che visiona le pagine del sito.
Gli utenti che visionano il Sito, vedranno inserite delle quantità minime di informazioni nei dispositivi in uso, che siano computer e periferiche mobili, in piccoli file di testo denominati “cookie” salvati nelle directory utilizzate dal browser web dell’Utente. Maggiori dettagli.

NOTA Troverai note forse un po’ “fredde”, “tecniche”. Leggile se lo ritieni opportuno.

Ti suggerisco quello che potresti fare: leggi e rileggi il breve testo del Vangelo ponendo attenzione alle domane e a chi fa le domande,  alle risposte e a chi risponde. Come dire (è un esempio): io chiedo a Gesù Cristo che incontro nella Parola cosa vuole dirmi; Lui mi dice: ma tu cosa cerchi?...

Poi, se hai tempo, leggi: UNO SGUARDO D’INSIEME AI CAPITOLI  XVIII-XIX:

[Pietro, icona del discepolo] oppure GESU’ IL TESTIMONE FEDELE (rilettura della 2° Lettura)

Dal libro del profeta Daniele  7, 13-14 (Apri la versione PDF)

Guardando nelle visioni notturne,
ecco venire con le nubi del cielo
uno simile a un figlio d’uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui.

Gli furono dati potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano:
il suo potere è un potere eterno,
che non finirà mai,
e il suo regno non sarà mai distrutto.

Dal Salmo 92 (93)

R. Il Signore regna, si riveste di splendore.

Il Signore regna, si riveste di maestà:
si riveste il Signore, si cinge di forza. R.

È stabile il mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il tuo trono da sempre,
dall’eternità tu sei. R.

Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore. R.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo 1, 5-8

Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.

A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà,
anche quelli che lo trafissero,
e per lui tutte le tribù della terra
si batteranno il petto.

Sì, Amen!

Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!

Dal Vangelo secondo Giovanni 18, 33b-37

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».

Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».

Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

IN QUALE MODO GESU’ VIENE PROCLAMATO RE

E' il tassello di un discorso ampio e molto bello; da solo dice poco. Giovanni, ripercorrendo il rituale di incoronazione del re a Gerusalemme, ci riferisce che Gesù di fatto è stato riconosciuto re da tutti: da Pilato, dai capi, dall'esercito, dal popolo. Questa è la scena interna, cioè i dialogo tra Pilato-giudice e Gesù-condannato; prima c'è la scena all'esterno (Pilato con Giudei); seguirà un'altra scena all'esterno (ancora Pilato con i Giudei).

È vero che a prima vista tutto sembra dire il contrario, ma di fatto il Messia è stato incoronato così.

  • Riceve una corona
  • Riceve gli inchini
  • Riceve il mantello regale
  • E' messo sul trono
  • Tutti (è in tutte le lingue) lo possono riconoscere.
  • Giudicato e lui è il giudice
  • Condannato e lui ti giudicherà
  • Muore e lui risorge
  • Sconfitto e lui è il Signore

Seguiamo questo dialogo. Gesù - in Giovanni fa sempre così - quando è interrogato ribatte con una domanda, perchè è Lui che interroga gli altri: per costringerli a rispondere e, di conseguenza, a farsi conoscere.

Gesù afferma una regalità differente; questa differenza è espressa in due modi: in modo negativo prima, positivo poi. 

Modo negativo. Gesù-Giovanni ragiona così: se il mio regno fosse come gli altri regni, come il regno che tu Pilato hai in testa, i miei sudditi avrebbero lottato perché non fossi consegnato ai Giudei, ma il mio regno non è da quaggiù, cioè è diverso. Importante quel "da", "non viene da" , "non è da quaggiù". Infatti fa parte della logica mondana che un re se ha il trono traballante mandi i soldati a combattere e morire per salvarsi il trono, perchè il valore supremo è la salvezza del trono. Invece, per Gesù, il valore supremo non è la sua salvezza.

Da che mondo è mondo tutti gli eserciti sono morti per la gloria della bandiera, del re e qualcuno ci aggiungeva di Dio...  La diversità è qui: Gesù è re, ma diverso dagli altri perché a differenza degli altri re non utilizza la sua potenza per salvare se stesso, ma è Lui che muore per/con gli altri.

Modo positivo. Gli chiese Pilato: «Allora tu sei re?». Gesù: «tu lo dici, io sono re. Per questo io sono nato, per questo sono venuto nel mondo». Quando Gesù dice: "sono venuto per" vuol dire che sta dicendo la ragione profonda della sua incarnazione. Allora è venuto per questo, in altri termini, per fare il re, ma anziché dire sono venuto per fare il re, usa una frase equivalente, ma chiarificante. Dice: «Per questo sono nato, per questo sono venuto nel mondo (e non dice per fare il re, come ci aspetteremmo, ma) per rendere testimonianza alla verità».

UNO SGUARDO D’INSIEME AI CAPITOLI  XVIII-XIX

[Pietro, icona del discepolo]

Mi lascio affascinare dal duplice colloquio di Gesù con Anna e di Gesù con Pilato (oggi la liturgia ci consegna solo una minima parte di quest’ultimo). Tra i due incontri, a mo’ di sandwich, è incastonato, a tratti, il rinnegamento di Pietro. Solo Giovanni utilizza questo tipo di narrazione. Ritengo non a caso. Con Pietro abbandona l’ironia, con Pietro vuole dirci che la ”fede” può nascere solo dalla comprensione delle Scritture rilette alla luce dell’annuncio pasquale (cfr in particolare Gv 20, 1-10). Vediamo.

  1. Gesù sembra il processato, l’accusato che dovrebbe difendersi; in realtà è lui che mette in imbarazzo i suoi interlocutori e li costringe a riflettere ponendo lui le domande. In ultima analisi – sembra dire Giovanni – Gesù ha ben chiaro chi è, che tipo di re-messia vuole essere. E’ il suo interlocutore che non lo sa anche se pretende di sapere e di condurre lui l’interrogatorio. Con la domanda «Cos’è la verità?» Pilato dice chiaramente di non aver capito niente. Infatti è lui, Gesù, che rivela chi è e perché è venuto al mondo; l’ultima parola è la sua, dovrebbe essere chiarificatrice. Ma Pilato non è disposto a lasciarsi scalfire nelle sue convinzioni (lasciamo perdere Caifa/Anna…). Non ha più nulla da chiedere di veramente importante e non gli resta che condannarlo: solo questo lui – uomo di potere – può fare. La verità fa paura, può giungere a toglierci la parola di bocca; ma per chi comanda, per i re di questo mondo, l’ultima parola è il potere: «Non sai che io ho il potere…?!». «Sappiate che in lui non ho trovato…». E’ veramente bravo Giovanni a svelarci il Pilato che è dentro di noi!!!
  2. Ma credo che a Giovanni stia molto a cuore il comportamento di Pietro. E’ collocato lì, tra i vari incontri: Anna/Caifa, Pilato. Solo lui – mi sbaglio? – risulta il personaggio vero, schietto, più genuino: ha il coraggio di ammettere che quell’Uomo proprio non lo conosce, che lui non è uno che gli va dietro… Pietro è onesto; sì, ha paura e questo lo condiziona. Ma lui, quell’Uomo, non lo conosce; per tre anni aveva seguito un altro uomo… Vediamo.
    • Pietro “sta fuori”; l’altro discepolo entra, ha delle conoscenze; lui sta fuori, davanti alla porta (!). Entra solo quando si sente al sicuro, protetto. Ma non è il Maestro a dare forza a Pietro, è la garanzia di una portinaia. C’è una insistenza drammatica sul termine portinaia, serva, porta… Ripenso a quell’ «Io sono la porta…».
    • «Io non sono»: io non sono un suo discepolo…Pietro si sta rivelando quello che realmente è: con quell’uomo lui non ha nulla da spartire. Lui sta con i servi e le guardie a scaldarsi…«…pure Pietro stava con loro…».
    • Ancora: «negò e disse: non sono…»
    • Pietro nega (per la terza volta) di essere stato addirittura con Gesù nell’orto.

E’ vero, Pietro non ha capito niente del Maestro: lo segue da lontano, fuori dalla porta, con i servi e le guardie… Giovanni lo fa uscire di scena, almeno per ora, con il gallo che canta…Pietro ha avuto il coraggio di ammettere che non conosce assolutamente quell’uomo? E’ solo paura, o ha dentro una verità teologica: noi – la chiesa di tutti i tempi -  continuerà a fare come Pietro, praticamente, anche se da l’impressione di aggirarsi nei “paraggi”. Quel tipo di re va incontrato  per altra strada: quale?

Pietro diventa un simbolo. Con lui Giovanni non usa l’ironia. Con Pietro Giovanni vuole dirci quello che in altro modo non poteva essere detto: quel “Re” lui non lo conosceva veramente, anche se lo aveva frequentato per tre anni! Quello che lui aveva conosciuto era tutt’altra persona! Che bisognava camminare molto per dire che si è suoi discepoli e che si è rimasti con lui nell’orto.  Perché Gesù è un re lontano da ogni definizione: nessun dizionario al mondo può contenere  la definizione di “quel” re. Per capire “quale re" è Gesù occorre un lungo cammino di ascolto; solo entrando nella stessa logica possiamo riconoscere in quel crocifisso il nostro re. La croce, e solo la croce, rivela in pienezza chi è Gesù-Messia-Re. Occorre un’altra chiamata, intravista nell’incontro con le Scritture, sotto la guida dello Spirito Santo, nell’esperienza della pienezza pasquale…quando riuscirò a bisbigliare…è il Signore… Tu sai che io ti amo…

Conclusione. Giovanni sintetizza lo scontro tra due modi di concepire il “Re” (=potere). A Gerusalemme Gesù è messo sotto inchiesta dal potere politico (Pilato) e dal potere religioso (Caifa/Anna). Lui non ha niente da spartire né con l’uno né con l’altro. Giovanni è molto bravo nel raccontare i diversi livelli su cui si muovono i suoi personaggi. E alla fine, pur riconoscendo “io non trovo in lui alcuna colpa…” il potere può essere esercitato solo come mortifero. Ma proprio in questi susseguirsi di eventi, a Gesù è data la possibilità di chiarire il motivo della sua venuta: «Io sono venuto per questo e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità». Il potere non può capire la Verità: «Cos’è la verità». La Verità testimoniata da Gesù, infatti, sono i suoi 33 anni vissuti tra noi come “epifania” di Dio. Nemmeno i 12 – con a capo Pietro – hanno compreso subito questo. Giovanni vuol farci capire che occorre un lungo cammino: guidato dalle Scritture, alla luce di questi eventi pasquali. Il discepolo è colui che da “fuori”, entra attraverso la “porta” per incontrare e poi testimoniare il Maestro: fin dentro il sepolcro e trovarlo “vuoto”…

GESU’ IL TESTIMONE FEDELE

«Gesù Cristo, il testimone, quello fedele, il primogenito dei morti» Quando parla di Gesù, l’autore del libro dell’Apocalisse ha una sorta di sussulto letterario: cresciuto nell’ambito della Chiesa giovannea, ogni volta che menziona Gesù, ha come un fremito di gioia. Gesù ha voluto partecipare al dramma della nostra morte e, risorto, ci immette in un circuito di vita, nella famiglia del Padre, di cui Egli è il primogenito.

«il sovrano dei re della terra» Cristo cammina con noi nella storia e ci libera: è capace di vincere tutti i poteri negativi che opprimono le vite delle persone, che violentano la storia. Con questa benedizione, che viene da Cristo, entriamo in rapporto con la storia reale, un rapporto a volte scottante. Con piena fiducia in Lui, il cristiano riuscirà a sottrarsi a tali poteri negativi, anche a costo della vita. Insieme a Cristo, riuscirà soprattutto a porre quei «mattoni di giustizia» che preludono ai «cieli nuovi e terra nuova».

«A colui che ci sta amando» L’assemblea ora diventa protagonista di questo dialogo liturgico e risponde. Si sente circondata dall’amore vivo di Gesù e lo documenta mostrandone alcune opere: sciolse… fece…

«ci fece regno e sacerdoti» Per comprendere bene l’espressione, leggiamo il capitolo 19 del quarto vangelo, quando Gesù è condannato alla croce perché «re dei giudei». La regalità attribuita a Gesù crocifisso, nella condizione di dono totale che egli fa di sé, è una regalità non solo per i giudei, ma per tutto il popolo di Dio. Noi cristiani ci riconosciamo «regno» già presente. Ma il regno che già siamo non è finito, dobbiamo estenderlo oltre i nostri confini, tendere all’universalità, fino ad arrivare alla «signoria» di Cristo su tutta la terra. A tutti noi cristiani, grazie al sacerdozio donatoci con il battesimo, spetta un preciso compito di mediazione fra il progetto di Dio, regno d’amore universale il cui unico re è Cristo, e la storia dominata dai «re della terra».

«Io sono l’Alfa e l’Omega». Questa frase riferita a Dio Padre, complementare all’espressione «sta venendo con le nubi» riferita al Figlio (vedi domenica scorsa), ci fa intuire che il contatto di Dio con noi si realizza attraverso Cristo. «Colui che è, che è stato e che sarà» sta venendo e concluderà la sua venuta per mezzo di Cristo, che avvicina personalmente e direttamente ciascuno di noi per condurci al Padre.

Noi siamo un segmento della storia universale, una lettera dell’alfabeto di Dio; non sappiamo quale, ma certamente apparteniamo a questa sequenza: siamo nelle mani di Dio, «colui che domina tutto» e che pone la sua onnipotenza al nostro servizio. Consapevoli di ciò, davvero non possiamo che lodare Dio e metterci in relazione con Cristo «che sta venendo».

UPERETAI

Gv 18, 36: i miei “servitori” avrebbero combattuto… Vuol dire semplicemente che Gesù avrebbe “servitori” che combatterebbero per lui se fosse un re di questo mondo?  Oppure che lui effettivamente ha questi “servitori” disposti a combattere per lui ma che la legge del suo regno non lo consente?  In questo caso il vocabolo si riferirebbe solo ai discepoli, infatti lui li chiama “quelli miei”. Questo non convince. Le parole di Gesù suonano come un appello alle autorità politiche del tempo in cui fu steso il Vangelo di Giovanni affinchè rendano giustizia al cristianesimo e non lo scambino per un movimento politico. Egli non è in nessun modo un pretendente al trono nel senso dell’accusa rivolta contro di lui. Il termine uperetes contempla certo anche l’uso delle armi, ma Gesù aveva già ammonito Pietro: “metti la spada nel fodero” (G 18, 11). Dunque: Gesù è re, ma non segue il modo di regnare condiviso da tutti. Allo stesso modo, coloro che accettano di seguirlo diventando suoi “uperetai” debbono condividere la logica del Maestro.