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NOTA:
Vista la sospensione di tutte le celebrazioni, offriamo, a chi lo desidera, la possibilità di celebrare La Parola in casa con la famiglia. A tal scopo abbiamo preparato una traccia da seguire che è possibile aprire o scaricare dal seguente link: traccia per la celebrazione in famiglia.

Premessa: non è certamente possibile proporre in questa sede una presentazione completa del racconto della Passione in Matteo.  Mi sono limitato a due suggerimenti: [1] Raccordo tra Isaia e Matteo e [2] il rinnegamento di Pietro: poche note, credo sufficienti per farci entrare nel “mistero” del ricordo della Parola-Evento da cui  nasce la possibilità della fede.

Dal libro del profeta Isaìa (Is 50,4-7) (Apri la versione PDF)

Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.

Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.

Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 21)

R: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R.

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa. R.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto. R.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 2,6-11)

Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

VANGELO: PASSIONE

… Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell'uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente…

ISAIA e MATTEO

Della ricchissima Parola di questa domenica, cercherò un raccordo tra la prima lettura (3° Canto del Servo) e il racconto della Passione. Mi pare di intravederlo – tra i tanti – nel processo intentato a Gesù dai capi e quanto dice Isaia riguardo al Servo, memoria di quanto i deportati avevano visto a Babilonia nei giorni tremendi della schiavitù. Seguiamo il sentiero che da Betfage porta il Re atteso a Gerusalemme e lo seguiamo fin là dove si celebra il suo processo: «Sei tu il re dei Giudei?».  Gesù rispose: «Tu lo dici». E' lì che lo scriba Matteo, estraendo dal suo tesoro cose antiche e cose nuove (Mt 13, 52) ci vuole portare: l'Accusato, appena si è proclamato Re e quindi Giudice a tutti gli effetti, tace: E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla. Lo scriba Matteo sa che il re è giudice e quindi deve pronunciare una sentenza; deve assolutamente farlo, è suo dovere irrinunciabile: Tu hai ragione! Tu, invece, hai torto! Lui invece tace. E Matteo ribadisce: Gesù non gli rispose nemmeno una parola, con grande meraviglia del governatore. Come dire: Perchè si è voluto proclamare Re-Giudice se poi si rifiuta di pronunciare una sentenza? Perchè tace? Per la risposta, partiamo da lontano, molto prima di Betfage. Matteo, in una delle sue numerose citazioni delle Scritture Ebraiche, rileggendo Isaia dice che Gesù  non spegnerà il lucignolo fumigante e la canna incrinata non spezzerà (Mt 12, 20, citazione di Is 42,3, 1° Canto del Servo). «Spezzare una canna incrinata», oppure «spegnere il lucignolo fumigante», significa «uccidere l'empio, eliminare per sempre la sua discendenza»: (cfr. Kittel. XI, 1437-8). Il Servo-Re-Giudice tace perchè non vuole la morte dell'empio.  Isaia fa questo annuncio ad un popolo che si sente schiacciato dalle proprie infedeltà e per questo abbandonato da Dio (siamo al tempo della schiavitù babilonese). A questo popolo viene annunciato che la sentenza è sospesa e quindi può ripartire e tornare in patria. Cristo continua a ripetere questo annuncio: la giustizia che farà trionfare (Mt 12, 20) sarà il perdono, la non-sentenza contro l'empio: tace per non condannare nessuno. Ora è giunto il momento: Gesù, dopo essersi dichiarato re-giudice, vuole portare fino all’estreme conseguenze la promessa affidata ai Canti del Servo: e tace! Il Re-Giudice romperà il silenzio solo per dare voce a chi, come lui, attraversa il dramma della morte nell'esperienza che anche Dio ti abbandona.

Piste di contemplazione

  1. Matteo scrive il suo vangelo dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme per una comunità che sente su di sè il peso dell'infedeltà e, di conseguenza, sente incombente il giudizio di Dio (prima del racconto della Passione, Matteo registra le grandi parabole che preludono al giudizio escatologico). Come a Babilonia, anche nella nuova Babilonia, Dio, nella persona del Re-Giudice-Messia-Servo, continua a sospendere il giudizio. Nonostante le nostre infedeltà, possiamo ripartire, possiamo ritornare, possiamo fare esodo: quello che Abramo ha fatto dalla terra di Ur, Mosè verso la Terra Promessa, Israele da Babilonia verso la Città da ricostruire; è l'esodo che anche Cristo ha precorso; è la Pasqua. E' questo il sentiero che la Parola ci ha fatto percorrere in questa Quaresima: Gesù tentato nella sua umanità è il Figlio prediletto; lui ha l'Acqua per la nostra sete, lui è la Luce, lui è la Vita, lui è la Misericordia del Padre: cosa ci manca per fare la Pasqua? Questo sentiero passa anche da casa mia, dalla mia vita. Sono contento, perchè sento sospeso il giudizio su di me e mi sento di nuovo invitato a rimettermi in cammino, senza paura. Domenica riascolterò con la mia comunità il racconto del Re-Messia che sospende il giudizio; anzi lo proclamerò alla mia comunità. Quali grandi cose il Signore ha fatto per noi: ancora pochi giorni poi, finalmente, potrò cantare ancora: Alleluja!
  2. Se non fosse venuto Gesù di Nazareth a portarci questa buona notizia, noi non l’avremmo mai potuto immaginare. E’ un dono che debbo riscoprire continuamente: gli eventi della vita mi fanno percepire la lontananza ma non sono in grado di colmarla. Mai posso dimenticare che sono un “imparante”! E la peggior schiavitù è quella di sentirsi bene anche nella schiavitù. Credere nel Dio di Gesù Cristo significa sentirsi invitati a seguire Lui, venuto a sospendere ogni giudizio su di me per rivelarmi la paternità misericordiosa di Dio. Gesù nel Getsemani dice: «Non la mia ma la tua volontà sia fatta». Questo non significa: «Tu vuoi che io muoia, sia fatta la tua volontà». Significa grosso modo questo: «L’uomo ha bisogno di vedere fino a che punto lo ami; l’uomo ha paura di essere abbandonato da te, Padre. Ora la tua volontà è che l’uomo si fidi, sappia che tu non lo abbandoni mai anche se ha peccato, nemmeno se muore; per questo io, tuo Figlio, sono disposto a morire, perché l’uomo non abbia paura; e io per primo ripeto: “Padre, nelle tue mani io metto la mia vita”!». Se Cristo fosse sceso dalla croce, sarebbe per noi una grande disgrazia: avremmo un eroe da ricordare non un Dio di cui fidarci!

LIMMUD

“Il Signore diede a me lingua di imparanti (=limmudim, plurale di limmud)” : così inizia il 3° Canto (prima lettura). La radice verbale da cui deriva il sostantivo è LMD il cui significato base pare essere: “fare esperienze”, “abituarsi a qualcosa”, “diventare familiare”. Non è difficile scoprire che una familiarizzazione non avveniva senza l’ausilio della frusta. Come si può documentare, il verbo è presente con maggior frequenza nei libri profetici, nei Salmi e nel Deuteronomio. I libri storici parlano poco dell’apprendimento perché l’Israele antico non aveva un sistema scolastico organizzato; l’insegnamento veniva impartito per lo più dal capofamiglia. Isaia ricorda che mediante i castighi di Dio il popolo “imparerà la giustizia”, mentre l’empio non apprende la giustizia (Is 26, 9). L’imparare fa parte del lessico religioso: è Dio che insegna. “E’ bene che io sia umiliato, affinchè impari i tuoi statuti (Ps 119, 71). Nel futuro di Dio non si imparerà mai più ad incrociare le spade e a condurre una guerra (Is 2,4). Il Servo viene annunciato come un “imparante” direttamente alla scuola di Dio (Grande Lessico dell’Antico Testamento, vol. 4 – pagg.828-835)

PIETRO PER TRE VOLTE DICE: NON CONOSCO (vv. 69-75).

E’ un episodio apparentemente secondario rispetto alla linea principale del racconto, tuttavia di grande interesse proprio in ragio­ne del fatto che non sarebbe indispensabile per far progredire la narrazione: Pietro che si scalda presso il fuoco nel cortile del sommo sacerdote durante la notte dell'arresto di Gesù, un episodio attestato da tutti e quattro gli evangelisti.

Questo racconto è saldamente ancorato a quello dell'interro­gatorio notturno presso Caifa cui fa da deliberato contrappunto: in opposizione alla confessione di Gesù, che non rinnega se stesso davanti al sommo sacerdote, Pietro rinnega per tre volte Gesù davanti a dei servi e a delle serve. L'accento matteano cade, in particolare, sullo "spergiurare": Gesù si rifiuta di giurare nel suo interrogatorio, nonostante sia invitato a farlo da Caifa ("Ti scongiuro, per il Dio vivente": v. 63); Pietro invece impreca e spergiura ripetutamente (cf. vv. 72 e 74; contro Mt 5,34 ss.; 23,16 ss.). In Matteo, ripete per due volte: "Non conosco l'uomo" (tòn anthropon, usato as­solutamente, quasi come l'Ecce homo giovanneo, perché rinne­gando Gesù egli tradisce anche se stesso, la propria umanità). [A. Mello – Evangelo secondo Matteo – pag. 466 – Ed. Qiqajon].

In questo racconto, poi, c’è un particolare che Matteo sottolinea così: E si ricordò Pietro della parola di Gesù che aveva detto. (Mt 26, 75a). Due annotazioni:

  1. Si ricordò… Il ricordare rende riconoscibile l’evento messianico operato da Cristo. Non è una semplice questione di ricordo, ma è un andare in profondità a quell’evento che a prima vista io non avevo compreso. E il rema (parola/evento) di Gesù dimostra la sua forza in quanto è viva nel discepolo che la tiene dentro. I discepoli dopo la risurrezione si ricordano della parola di Gesù e soltanto allora la comprendono. La predicazione apostolica non soltanto è ricordo, ma esige anche il ricordo. Forse l’icona più parlante è Maria di Nazareth – la Chiesa – che custodisce la Parola, la mette a confronto (parola e fatti).
  1. …della parola. Usa il termine rema, il cui significato non è solo “parola”, ma fatto, impresa, avvenimento. Insomma, nella notte del rinnegamento, davanti a Pietro passa quell’ Uomo, quello che ha fatto e ha detto. Mentre lo rinnega si ricorda…Mentre rinnega il Maestro, rinnega se stesso, il suo vissuto, la sua esperienza umana. Annotazione densa, antropologicamente stimolante: l’uomo che rinnega Cristo, rinnega la propria umanità…?! Forse solo dopo il rinnegamento ci si può avviare verso una fede veramente matura?!