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Domenica celebriamo l’Anniversario della Dedicazione. Per questo motivo la Liturgia della Parola ha avuto qualche cambiamento

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini Fratelli, [Ef 2, 13-22] (Apri la versione PDF)

Fratelli, Gesù Cristo è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.
Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

Salmo 26

R. Nella tua casa, Signore, esultiamo di gioia. Oppure: R. Alleluia, alleluia, alleluia.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura? R.

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario. R.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!». R.

 

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

PAOLO

Abbatte il muro di separazione…

Nella struttura del tempio di Gerusalemme, c’ era un muro che divideva: da una parte solo i goim (i pagani), dall’altra solo gli ebrei. La struttura architettonica del tempio rispecchiava una forma mentis, una idea di santità e di vicinanza con Dio, da un tipo di lontananza. Santità che restringe gli spazi. I goim fin lì, le donne fin là, i figli d’Israele fin là, i sacerdoti un po’ oltre e nel Santo dei Santi solo il Sommo Sacerdote una volta l’anno. Una logica di distinzione e di separazione. Gesù ha abbattuto questo muro. Lui è colui che costruisce unità.

Riconciliazione

L’anonimo Autore della Lettera agli Efesini sottolinea che sulla croce Cristo ha fatto dei due popoli (ebrei e pagani) un solo popolo nuovo, ha creato un uomo nuovo, non più definito dalla appartenenza etnica e culturale, ma che trova la sua identità in Cristo. Lui ha fatto la pace per riconciliare con Dio tutti in un solo corpo. Qui abbiamo l’idea centrale della riconciliazione. Che non è diamoci un bell’abbraccio di pace e… Riconciliazione (katallaghè) è uno scambio verso il basso, in perdita. Colui che opera la riconciliazione perde qualcosa di se stesso, si piega verso… e perde qualcosa di sé. E’ la condiscendenza di Dio per incontrare il popolo sofferente in Egitto; il Cristo che si fa uomo, che condivide la condizione umana, di schiavo, muore in croce. E, a livello narrativo, Cristo Gesù che in mezzo ai suoi apostoli si abbassa, lava i piedi anche a Giuda, al nemico, al traditore. Questa è la riconciliazione. E’ un lavoro di perdita di sé che consente di tenere insieme la comunione, la comunità. In ogni comunità la comunione è possibile grazie ad alcuni che si fanno servi degli altri e accettano di perdere qualcosa di sé. Non c’è altra via. La riconciliazione come abbassamento di Dio per incontrare l’uomo e creare comunione con l’umanità; questa è la legge della vita ecclesiale. Si crea unità, si crea comunione grazie a questo lavoro di abbassamento, di perdita di sé.

Quando Paolo, Prima Lettera ai Corinti, vede una comunità molto frazionata, divisa in appartenenze particolaristiche: quelle che si richiamano ad Apollo, grande predicatore intellettuale; quelle che si richiamano a Paolo; quelli che si richiamano direttamente a Dio senza bisogno di intermediari. Bene, a tutti questi predica solo Cristo e questi crocifisso. L’unità si deve misurare lì. E’ Cristo, Cristo crocifisso, quello che spezza le nostre immagini di Dio ed anche della comunità. Lui ci può liberare dall’idolatria, dal fare delle nostre immagini della Chiesa, di Dio, farne un idolo. Tutto si deve spezzare sul Cristo crocifisso. Il nostro pregare quotidiano deve diventare una continua purificazione delle nostre immagini di Dio: Cristo crocifisso, che non è un’immagine! Noi mettiamo Dio nella potenza, nella forza, nello splendore. No! Se possiamo intuire un’immagine di Dio, questa è il Crocifisso!

Voi non siete più ...

Ormai – continua l’Autore – la vostra nuova situazione è di essere concittadini dei santi, famigliari della casa di Dio, siete veramente usciti dalla condizione di stranieri, di estranei e ormai fate parte di quell’edificio che è la Chiesa fondata sugli apostoli e i profeti e che ha come fondamento, pietra d’angolo Gesù Cristo. Cristo è il fondamento; non c’è solo una successione apostolica, c’è un principio istituzionale. Qui siamo a livello ormai abbastanza avanzato dell’ecclesiologia. Accanto agli apostoli c’è il principio profetico, ci sono i profeti messi allo stesso posto degli apostoli. Sono tanti i ministeri che hanno a che fare con la parola di Dio. Apostolicità come elemento statico che dà continuità con il passato; la profezia è l’elemento dinamico. Entrambi fondano la Chiesa. A volte si esagera da una parte, a volte l’altra; quando si assolutizza solo un elemento si rischia una massiccia istituzionalizzazione.

Ecco allora la Comunità: fondata su Cristo, con la continuità degli apostoli, con la vivificazione dei profeti, …in un continuo tentativo di scambio verso il basso…

MATTEO

2 Premesse per entrare nella parabola

  1. Si parla ancora di vigna e tutto è giocato sulla reazione diversa dei due figli all’invito del padre di andare a lavorare nella vigna. E’ importante non lasciarci fuorviare da questo modo di scrivere in “bianco” o “nero”.
  2. Chi/cosa rappresentano questi due figli? La domanda trova la sua motivazione dal fatto che alcuni codici mettono prima il figlio che dice “si” ma con i fatti dice “no” (è il popolo ebraico?) e dopo quello che dice “no” ma poi con i fatti dice “si” (sono i pagani?). Matteo – come lui stesso poi ci ricorda – sembra voler semplicemente rimarcare il diverso atteggiamento tenuto dal suo popolo nei confronti della predicazione del Battista. Qui Matteo/Gesù sembra voler rispondere alla domanda che lui rivolge ai sommi sacerdoti: “Il battesimo di Giovanni da dove veniva”? (v. 25).

Vediamo alcuni passaggi.

…Un uomo aveva due figli… E’ chiaramente un esempio “esemplare”; di fatto è lecito pensare che si tratti di una sola persona: è la risposta del cristiano della comunità di Matteo alla predicazione di Gesù Cristo, è il lettore, quindi sono io che leggo, anche se io penso sempre di essere una terza persona.

…Va’ oggi…E’ “l’oggi di Dio”, è il “giorno” della nostra vita terrena in cui siamo invitati a metterci in ascolto della sua parola che si fa invito. Paolo parlerebbe di kairos che ti è offerto perché tu possa entrare nella salvezza annunciata e testimoniata da Cristo.

…pubblicani e prostitute vi precedono…: Annuncio consolante ma anche tremendamente irritante, va letto con intelligenza. Nel concreto è difficile accettare questa logica evangelica che potremmo sintetizzare così: il figlio, che considera il padre come padrone, è certamente peggiore di quello che si ribella. Sì, quando una persona ha coscienza di aver sbagliato, di percorrere una strada che non lo porta ad una vera umanizzazione (Luca direbbe che dal Padre si sta meglio…), allora per lui c’è una possibilità di cambiamento.

…Si ma non andò…no ma poi, pentitosi, andò…: …neppure vi pentiste per credergli… L’uomo fa molta fatica a cambiare il proprio punto di vista! La salvezza sta nel ricredersi (quando?): questo ricredersi deve diventare l’ispirazione, l’opzione di fondo, della propria vita fino al suo concludersi.

Riascoltiamo la Parola

  1. Credo che la parabola sia in grado di illuminare le pieghe di una religiosità avvertita a livello emozionale, affettivo, “tradizionale” che forse è errato chiamare FEDE. Fare la volontà è al centro del Vangelo di Matteo. Significa questo: riconoscersi figlio. Se riconosco “me” figlio e “lui” padre, ne deriverà che fare la volontà è vivere la fraternità-figliolanza. In altre parole, fare la volontà di Dio significa seguire Cristo: lì Dio ha espresso la propria volontà.
  2. “SI” – “NO”. Forse faccio una lettura troppo personale, ho meditato a lungo l’ultimo versetto di Matteo… Nessuno dei due figli, alla fine dei conti, vuole ascoltare il padre: qui sta la ricchezza della parabola? Chi dice sì, lo fa perché non può fare diversamente. La paura di mettersi contro il proprio padre/padrone gli vieta di riconoscere il proprio no. Esprimere un rifiuto, infatti, significa già un segno positivo: suppone che il padre rispetti la libertà del figlio. Chi dice no è libero davanti al padre. Un vero sì passa sempre attraverso il no. Il no è importante in ogni relazione. Anche il bambino passa al sì attraverso la fase ostinata del no: è la condizione necessaria per essere se stessi e riconoscersi altro dall’altro. Chi di noi ha il coraggio, lucido, convinto, di dire NO a Dio?! In tutte le grandi scelte della nostra vita gli diciamo SI, sapendo tuttavia che quel SI, spesso, potrà diventare NO. Forse noi abbiamo trovato una via di mezzo, noi figli dei nostri giorni e di una formazione cristiana che non si fonda su una relazione. Noi non diciamo né sì né no; noi diciamo così: ci penso: che significa cercare i motivi per dire no! I motivi: voglio essere onesto…se mi prendo un impegno voglio portarlo fino in fondo… ho preso moglie o marito…ho cambiato lavoro…non me la sento…è un brutto periodo…rimango comunque a disposizione…
  3. Il mio cammino di credente, dunque, la mia strada di discepolo, l’andare dietro al Maestro mi deve portare a questa continua conclusione: la conversione è per i giusti! Io che mi ritengo giusto, io sono chiamato a conversione. Parto da questa premessa: la mia idea di Dio è sbagliata, è incompleta. Io non posso dire: Credo, mi hanno insegnato così, nessuno mi farà mai cambiare idea… Perchè il tuo Dio si rivela a te nell’ascolto della parola, nella liturgia, nella carità, nella tua continua ricerca e fatica di umanizzazione. Il tuo Dio deve crescere con te! Non cambiare Dio, dunque, ma cambiare la tua idea di Dio, il tuo relazionarti con Lui: a questo vuol portarti la Parola. E se c’è un percorso che Gesù ha fatto e che gli evangelisti fedelmente ci riferiscono, è che Lui per primo ha maturato pian piano la sua relazione con il Padre fino a pronunciare – proprio dopo una terribile agonia – : non la mia ma la tua volontà…!
  4. Quale migliore commento e conferma di quanto l’Autore della Lettera agli Efesini ci ha fatto conoscere?!