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Dal libro della Gènesi (Apri versione PDF)

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». (Gen 18, 1-10)

Salmo 14

Rit. Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua. R.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore. R.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre. R.

 

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. (col 1, 24-28

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». (Lc 10, 38-42)

INCONTRIAMO LA PAROLA

Seguendo il racconto di Luca, siamo giunti in casa di Marta e Maria. La liturgia di questa Domenica ci offre, come 1° lettura, l’episodio bellissimo di Abramo e i tre ospiti alla quercia di Mamre. Facciamo qualche riflessione sull’episodio (la parabola?) di Marta e Maria. …Una donna di nome Marta l’accolse: Era sconveniente per un uomo essere accolto da una donna. Continua la riflessione di Luca iniziata con il racconto della nascita: Gesù, stranamente, è accolto dai più lontani. Lui è un “samaritano” che sale a Gerusalemme: anche questo è strano, suscita perplessità. … Maria… addirittura seduta accanto… presso i piedi del Signore…: E’ la sorella, probabilmente minore: infatti a lei non spetta fare accoglienza. Luca ce la presenta nell’atteggiamento del discepolo: la sua attività è ascoltare il Maestro. Questo viene sottolineato per il fatto che alla donna non era possibile essere discepola. Maria è ai piedi di questo pellegrino: è sorprendente come Luca parli dei “piedi” nel suo Vangelo! Maria è così la prima che obbedisce all’invito del Padre registrato nel racconto della Trasfigurazione: … questi è mio Figlio: ascoltatelo!. …Marta era distratta…: contrappunto efficace: anche perché sembra in contraddizione con la parabola del Samaritano. … Signore, non ti curi…? Più che dell’aiuto di Maria, Marta sembra invidiosa dell’approvazione che il Signore dà alla sorella: nota molto fine di Luca! Quasi desidera che il Signore rimproveri la sorella: le basterebbe per sentirsi gratificata e tranquilla? Come non pensare al rimprovero del figlio maggiore nei confronti del minore ma specialmente del Padre stesso?! … Marta, Marta…Qui Luca si fa serio, molto serio, cambia tono, scomoda addirittura i racconti “sacri” delle grandi chiamate: Abramo, Mosè, Samuele, Paolo-Saulo… Luca, dunque, qui racconta la vocazione di Marta: è quella di Israele e del levita(vedi ancora domenica scorsa), chiamati a riconoscere nel Samaritano il compimento di ciò che è scritto nella Legge: nel suo cammino si è fatto vicino all’uomo, per poter essere accolto! … ti affanni per molte cose…di una sola cosa…: Principio del servizio di Marta sembra essere il proprio io; l’io religioso è il più duro a convertirsi, perché non ne sente il bisogno, dal momento che si sacrifica per Dio. E questa è la conversione a cui è chiamata Marta: e con Marta ogni discepolo, ogni uomo presso cui si ferma il Samaritano.

ASCOLTIAMO LA PAROLA

  1. La “parabola” narrata da Luca sottolinea che la vera accoglienza al pellegrino l’ha fatta non Marta ma Maria. Perché? Perché Marta gratifica se stessa nel servizio laborioso e faticoso, Maria pone invece la sua attenzione interamente sul Pellegrino-Samaritano. Chi è troppo bravo, chi fa troppe cose per Dio, difficilmente accetta che la salvezza sia dono, puro dono, soltanto dono! Gesù non rimprovera Marta, semplicemente la invita ad avere l’atteggiamento di Maria. Personalmente sento che questa “chiamata” è molto più radicale di quella che ho sentito a 18 anni quando ho accettato di essere chiamato al presbiterato! E mi rendo conto che rispondere “sì” a questa chiamata è più difficile che accettare di essere prete, o padre, o madre…
  2. Si può arrivare ad eroismi supremi, fino a morire per Dio… E si continua a ripetere che il Vangelo è molto difficile, che è praticamente impossibile essere cristiani, che solo pochi… dimenticando che la salvezza dell’uomo non è morire per Dio, bensì affidarsi a un Dio che ci cerca in volto d’uomo. Essere cristiani è gioire perché nella vicenda umana di Gesù di Nazareth, il Samaritano, Dio mi ha amato per primo!!! Questo debbo “ascoltare”! Poi lo ringrazierò: nell’Eucaristia, seminando fagioli, facendomi samaritano al fratello…
  3. La “contemplazione ai piedi del Signore” è per l’uomo l’azione somma: lo genera figlio di Dio. Questo è di tutti: sposi, monaci, suore, presentatrici… Cosa succede se un monaco, un prete, non è in ascolto? La stessa cosa che succede ad un “meccanico” che non è in ascolto! Si affannerà per Dio: che tristezza!!!
  4. L’incontro alla querce di Mamre ci suggerisce un ulteriore motivo di contemplazione. Imparare ad accogliere Dio nelle nostre vite coincide con l’imparare ad accogliere lo straniero (samaritano) oppure accoglierlo non secondo i nostri schemi (episodio di Marta e Maria) ma i suoi; per noi, infatti, se c’è uno che è veramente sconosciuto e straniero è Dio! E lo straniero e lo sconosciuto ci spaventa sempre perché ci spaventa l’alterità. L’accoglienza dell’uomo, (dell’Uomo) è necessaria e propedeutica all’accoglienza di Dio. Dio non è facile da conoscere, si svela e si nasconde: non lo si può incontrare in una dottrina né in una disciplina morale. Lo si incontra al seguito: del pellegrino che va a Gerusalemme!
  5. Ma se Marta non avesse preparato il pranzo, che accoglienza sarebbe stata? Se queste domande permangono, se non riusciamo a liberarcene, sospendiamo ogni “pratica” religiosa, e ascoltiamo Lc 10, 29-42 (parabola del Samaritano e incontro con Marta e Maria) per giorni e giorni e giorni… chissà?!

DOPO IL SAMARITANO, MARTA E MARIA

  1. Non è senza importanza il fatto che Luca metta l’episodio di Marta e Maria subito dopo la parabola del Samaritano buono. Anche perché, a prima vista, Luca sembrerebbe smentire quello che ha appena detto con la Parabola: l’importante è aiutare il prossimo!...No, l’importante è pregare, ascoltare il Signore!... Chi ha ragione? Domanda senza senso: non c’è atto positivo o negativo, è un problema di accoglienza e di relazione. Luca non vuole denigrare Marta ed esaltare Maria: anche perché se lui ha mangiato è grazie a Marta. E’ colei che l’accoglie nella sua casa. Ma il problema è questo: quel cibo dice relazione o no? Quante buone azioni facciamo, servizi cristiani… Importantissimi perché risolviamo tanti problemi. Ma cristiano è uno che risolve problemi sociali o uno che incontra un altro?! Il problema è sempre se c’è spazio o non per qualcun altro. Il problema non è di dare all’altro uno spazio fisico; è se l’altro esiste o non esiste nel mio spazio fisico. Peggio ancora se l’altro lo riduco a uno che risponde ai miei bisogni: lì stiamo semplicemente risolvendo i nostri problemi. Ma anche se noi ci preoccupassimo di dare uno spazio fisico, non avremmo ancora fatto ciò che è del cristiano: ciò che è del cristiano è dargli uno spazio dentro di me. Marta è distratta, non c’è relazione. Come il sacerdote e il levita: sono dall’altra parte della strada. Il samaritano vede ed entra in relazione. Maria entra in relazione. Al di là che uno faccia, prepari una zuppa o versi olio sulle piaghe o passi dall’altra parte della strada.
  2. In questo senso il testo è rivelativo: cioè ci sta raccontando chi è Dio. Discepolo, dunque, non è solo quello che si prende cura dell’altro ma è quello che si rende attento alla cura che Dio si prende di Lui. Maria è quella che si è accorta della presenza di Gesù che era lì e della parola di Gesù che è parola di guarigione. Il samaritano cura versando olio; Gesù cura con il suo insegnamento; lì l’umanità ferita, qui l’umanità in ascolto. Ma le possibili letture non sono finite.
  3. Una nota semplicissima, quasi banale a prima vista, ma capace di offrire una lettura completamente nuova all’incontro e non solo…: Marta lo accolse in casa sua, Maria lo accolse nella sua parola.

PARAKATSESTSEISA

Verbo composto da parà-katsizo (catsemai): essendosi seduta presso; è Maria seduta ai piedi di Gesù. Infatti il senso del verbo katsizo è sedersi, star seduto, mettersi a sedere. Nell’uso classico, e non, ha una duplice valenza. [1] E’ segno di particolare dignità. E’ detto degli dei: il dio sta seduto, l’orante sta in piedi o prostrato. E’ detto dei sovrani: è spesso molto stretto il rapporto del sovrano con la divinità. Nel NT assiso sul trono sta specialmente il re messianico insieme con Dio e con tutta la comunità (Ap 3, 41). E’ detto del giudice: nell’amministrare la giustizia, il giudice sta seduto perché questo si addice alla sua dignità. Anche nel NT testamento il giudice finale è assiso sul trono (Mt 19, 28; 25,31). E’ detto del Maestro: Gesù insegna quasi sempre stando seduto (Mt 5,1). [2] Come atteggiamento psicologico. E’ espressione tecnica di chi si sente misero; il mendicante di solito sta seduto. Nelle sinagoghe stavano sedute almeno le donne; nelle adunanze delle prime comunità cristiane in generale si stava a sedere. Maria è seduta ai piedi: espressione massima di chi si sente misero e bisognoso? Allusione alla nuova Comunità?