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Premessa

Dal momento che il brano del Vangelo (che fa da pendant con la prima lettura) ci terrà compagnia per 5 domeniche (29 luglio-26 agosto) desidero premettere alcune note per aiutarci ad entrare più profondamente nella ricchezza di questa Omelia.

  • Questo capitolo 6, collocato a questo punto del Vangelo, ci porta immediatamente a chiederci il perché sia stato collocato qui. A mio avviso, avrebbe potuto trovare collocazione anche altrove. Sembra un brano aggiunto nella stesura finale. Perché? Il Vangelo di Giovanni ha faticato ad essere accolto nella grande Chiesa (mancava l’Istituzione dell’Eucarestia, non era chiaro il primato di Pietro; addirittura non era esente da critiche per presunte contaminazioni gnostiche…). Questo capitolo – di chiaro impianto Eucaristico – sembra voler “rimediare” al fatto di non avere raccontato l’Ultima Cena con la relativa Istituzione dell’Eucarestia.
  • Cos’è? E’ una vera e propria Omelia sullo stile rabbinico. Si parte da un brano delle Scritture – qui è chiaro il riferimento alla manna data da Mosè nel deserto – e su questo brano si tesse una riflessione-omelia. Il tutto – come si precisa alla fine – è raccontato nella sinagoga di Cafarnao.
  • Che sia un’Omelia sullo stile rabbinico, mi sembra di poterlo evidenziare proprio guardando la conclusione. Dice Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Gv 6, 68). Come non pensare a Es 24,3-8:… Quanto il Signore ha detto, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto
  • E’ dunque un Capitolo molto abbondante. Non è esagerato affermare che questo brano è al cuore della predicazione di Gesù in Gv – dei Sinottici – dell’A.T. (1a lettura, Salmo 23, 80, …). Giovanni conosce tutte queste tradizioni; le rilegge e le comprende a partire dalla vicenda della pasqua di morte e risurrezione di Gesù Cristo.

Dal secondo libro dei Re 4, 42-44 (Apri la versione PDF)

In quei giorni, da Baal-Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.

Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”».

Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

Dal Salmo 144 (145)

R. Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente. R.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità. R.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni 4, 1-6

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.

Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 6, 1-15

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.

E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Mi preparo all’ascolto

Il racconto della “moltiplicazione dei pani” è stato preparato dal testo di domenica scorsa. Gesù ha compassione e pertanto continua a fare quello che Dio già ha operato con il suo popolo fin dai giorni dell’uscita dall’Egitto: Fa toràh e fa un banchetto. La liturgia di quest’anno, anziché proseguire con il racconto della moltiplicazione dei pani in Marco, preferisce farci ascoltare il lungo racconto di Giovanni, capitolo 6, dove i due elementi del pane-manna e della parola-toràh sono profondamente intrecciati tra di loro. Il finale del brano – come detto –  ci riporterà ai piedi del Sinai dove il popolo ebraico, nel giorno dell’Alleanza ripeterà: Quello che Dio ha detto noi lo faremo e lo ascolteremo.

In ascolto

Il racconto della moltiplicazione assume in Giovanni il valore di un gesto profetico: non perché rivela il futuro, ma rivela, aiuta a conoscere il passato, la storia di Dio e la mia storia, la mia vita.

Ma proprio per capire in profondità questo brano, partiamo dalla dizione era vicina la Pasqua dei Giudei. E’ quella che ricorda l’uscita dell’esodo, la liberazione, ma anche tutto il tragitto della liberazione. Nello stesso tempo però, la meditazione operata dai rabbini, dalla tradizione giudaica, faceva attendere un rinnovamento della Pasqua, di Pasqua in Pasqua. Noi abbiamo un testo importante che è il Targum (traduzione e commento in aramaico della Bibbia ebraica), in Es 12, il capitolo che si leggeva a Pasqua. Si parla di quattro notti:

  1.   La notte della creazione.
  2.   La notte dell’esodo.
  3.   Quando il Signore apparve agli Egiziani.
  4.   La quarta notte sarà quella che deve rinnovare l’Esodo: «I gioghi di ferro saranno spezzati, i cattivi annientati, Mosè salirà dal deserto e il re Messia verrà dall’alto». [Importante questa teologia del Targum: il Messia viene dall’alto. (Da dove? potsen? Dall’alto!). L’uno marcerà alla testa del gregge, l’altro sfamerà il gregge e la sua parola marcerà tra i due ed essi marceranno insieme. E’ la notte di Pasqua per il nome del Signore. Notte riservata per la redenzione di tutte le generazioni in Israele].

Insomma, in una Pasqua rinnovata doveva tornare Mosè e doveva tornare il Messia, e ogni pasqua si accendeva questa speranza, a tal punto che nella celebrazione pasquale ancora oggi mettono una sedia vuota in fondo al tavolo che attesta la venuta del Messia. Si spera che il Messia venga. C’è un rinnovamento dell’attesa del Messia e di Mosè in questa Pasqua rinnovata, un nuovo Esodo. Ma nello stesso tempo sempre i Rabbini dicevano: «Come il primo redentore (go’el), Mosè, fece scendere la manna, come sta scritto vi farò piovere dal cielo pane, così sarà anche l’ultimo redentore perché sta scritto: La terra abbonderà di pane».

Dunque Mosè ha dato il pane del deserto, ha dato la manna al popolo che usciva, ma anche il nuovo redentore, il Messia dovrà dare questo pane. L’aveva dato Elia, l’aveva dato Eliseo (cfr. 1° lettura) e gli altri profeti. Anche il nuovo redentore, il Messia, negli ultimi giorni dovrà superare quei segni e quei prodigi operati già da tutti i profeti precedenti.

E allora siamo a Pasqua: si attende la venuta di questo nuovo Mosè, di questo Messia. Costui deve dare il pane e deve darlo in abbondanza: è quello che compie Gesù. Gesù, nella prospettiva giovannea è colui che dà il pane come profeta definitivo, il profeta escatologico, come Messia, come nuovo Mosè, ma li supererà tutti.

APORIA

Sostiamo un po’ a meditare la situazione in cui vengono a trovarsi i discepoli e la “folla molta” (v. 2). Situazione che in modo molto marcato anche Gesù sottolinea e che Giovanni motiva con quel “questo però diceva per mettere alla prova lui” [Filippo (v.6)]. Chiaramente Giovanni esagera, esaspera numeri e situazioni in modo che il lettore possa rendersi conto che i singoli personaggi – a parte Gesù – si trovano tutti in una situazione senza via d’uscita. Gli esegeti parlano di a-poria: mancanza di pori e la pelle non può respirare; situazione che porta alla morte certa. Giovanni presenta dunque una situazione senza scampo. Vediamo:

  • Da dove compreremo pane… (Gv 6, 6)? Giovanni ha già abituato il suo lettore a questo interrogativo che, peraltro, ritornerà anche dopo nel suo Vangelo. Da dove viene un vino così buono? Chiede il maestro di tavole alle nozze a Cana (Gv 2, 9). Nicodemo non può capire da dove viene il vento (Gv 3, 8). Da dove hai l’acqua chiede a Gesù la donna di Samaria (Gv 4, 11). Noi costui sappiamo di dove è sentenziano senza sapere cosa stanno dicendo i giudei nel dibattito con Gesù (Gv 7, 27). Voi non sapete da dove vengo dice Gesù a chi mette in dubbio la sua autorità (Gv 8,14).
  • 200 denari non bastano (Gv 6,7)
  • 5 pani 2 pesciolini: questo cosa sono per tanti? (Gv 5, 11). La conta delle loro risorse è ben finalizzata a rendere la drammaticità della situazione.

Quanto importante questo allora (Gv 6, 11): solo quando Gesù interviene ed è lui in persona ad agire, allora è possibile intravedere qualche “poro”, qualche via d’uscita nelle nostre vite. E’ una costante della Buona Notizia: i suoi “incaricati” “servono” solo a preparare l’incontro, loro non hanno la soluzione. Sono in grado di constatare l’aporia ma non di porvi rimedio. Possono arrivare a “farli sedere”, ma il “pane” lo può dare solo Lui. Ricordiamo domenica scorsa: i discepoli hanno fatto di tutto e di più, hanno anche insegnato, ma “nel riposo” possono entrare solo quando Lui li chiama in disparte e Lui si mette ad insegnare.

Pagina rivelativa di Lui, della nostra vita di fede, delle nostre Eucarestie domenicali. Quante aporie nelle nostre vite: il lavoro, la salute, la solitudine… Per noi l’Eucarestia dovrebbe essere quel momento in cui, anche noi “folla molta”, ci ritroviamo con tutte le nostre aporie per incontrare Lui che spiega le Scritture (vedi domenica scorsa) e spezza il Pane. Illusione? No! Solo però se tentiamo di vivere la nostra fede come incontro, relazione con Lui: non con un dio onnipotente risolutore di ogni nostro problema, ma come un Dio che si è fatto e rimane nostro compagno di viaggio per condurci oltre i nostri deserti.

Quale dono ci viene offerto ogni Domenica! Ci facciamo un augurio: poter imparare, di Domenica in Domenica, coscienti delle nostre aporie, di poter anche noi giungere a professare come la “folla molta”: «Questo è veramente il profeta, quello veniente nel mondo!».

Per altre 4 domeniche avremo l’opportunità di lasciarci affascinare da questo capitolo 6 di Giovanni.