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Un percorso per cristiani adulti

Liturgica è un'azione sacra di tutta l'assemblea e non solo del prete e di pochi altri addetti. [Concilio Vaticano II]
Premessa

Il Fascicolo offre 5 momenti di riflessione:

  • L’Assemblea
  • Liturgia della Parola
  • Il Memoriale
  • La Messa è un Banchetto
  • Un banchetto nella mia casa

 

CRISTIANI SENZA EUCARESTIA?

  1. La lettera a Diogneto
    Ben presto in tutte le città del Mediterraneo c'è una casa in cui uomini e donne, bambini e vecchi, ascoltando la predica­zione degli apostoli, credono che Gesù è il Messia e che è viven­te per sempre: che è il Signore!
    Da che cosa si vede che sono discepoli di Gesù? C'è una lettera scritta all'epoca che segue la morte e la resur­rezione di Gesù, la lettera mandata a un tale Diogneto che voleva sapere chi erano questi cosiddetti cristiani. In questa lettera un cristiano scrive:
    «Vuoi sapere chi sono? Te lo dico subito: sono gente che vive come gli altri, in mezzo agli altri, non in luoghi separati, non parla una lingua differente, né fa cose diverse e abita nelle città e nei villaggi come gli
    altri. Ma si distinguono dagli altri perché condividono i loro beni, cercano di vivere l'amore fedele, e quindi si sforzano di vivere secondo le parole di Gesù».
    Ecco cos'è la chiesa eucaristica: è quella che dietro a Gesù attua il servizio e fa dire agli altri: «Guarda come si amano». Una chiesa che celebra in verità e in fedeltà l'Eucaristia può soltanto essere una comunità eucaristica, per la quale tutti ren­dono grazie a Dio.
  2. La testimonianza dei martiri di Abitene (304 d.C.) 20 cristiani sorpresi durante una loro riunione in casa di Ottavio Felice, vengono arrestati e condotti a Cartagine davanti al proconsole Anulino per essere interrogati. Al proconsole, che chiede loro se possiedono in casa le Scritture, i Martiri confessano con coraggio che “le custodiscono nel cuore”, rivelando così di non voler distaccare in alcun modo la fede dalla vita. Tra le diverse testimonianze, significativa è quella resa da Emerito. Questi afferma, senza alcun timore, di aver ospitato in casa sua i cristiani per la celebrazione. Il proconsole gli chiede: “Perché hai accolto nella tua casa i cristiani, contravvenendo così alle disposizioni imperiali? ”. Ed ecco la risposta di Emerito: «Sine dominico non possumus!»; non possiamo, cioè, né essere né tanto meno vivere da cristiani senza riunirci la domenica per celebrare l’Eucaristia.

Il termine dominicum (da cui Domenica) racchiude in sé un triplice significato.

  • il giorno del Signore,
  • la Sua resurrezione
  • la Sua presenza nell’evento eucaristico.
PREGHIAMO INSIEME

Prima di morire, Signore,
hai fatto un Banchetto:
c’erano tutti i tuoi discepoli.
Loro non hanno capito molto:
quando i soldati Ti hanno preso
sono tutti fuggiti.

Tu hai raccomandato loro
di fare questo Banchetto
ogni Ottavo Giorno,
fino al Tuo ritorno.

Adesso capisco, Signore,
perché debbo prepararmi bene
a mangiare quel Pane:
perché non faccia come i discepol
ii quali, dopo aver mangiato il Pane,
subito si sono dimenticati di Te
e Ti hanno lasciato solo.

[1] L’ASSEMBLEA

[La Prima Assemblea: La Cena di Emmaus]

Il riunirci di noi credenti nel giorno del Signore per ascoltare la parola di Dio e spezzare l’unico pane, e dunque nutrirci del Vangelo e cibarci dell’Eucaristia, è davvero il cuore della domenica.

Nell’episodio dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35) la prima generazione di cristiani ha raccontato il cammino che ha compiuto per giungere alla fede pasquale. Emmaus mostra come si diventa cristiani e come si rimane cristiani. Per questo Emmaus è, in modo del tutto indisgiungibile, un microcosmo della fede cristiana e un microcosmo dell’autenticamente umano.

La liturgia di Emmaus avviene in cammino non solo perché si diventa cristiani attraverso un itinerario ma anche perché il credere è un camminare, anzi la fede ne è la causa, secondo la bella espressione di Paolo “noi camminiamo per la fede.

UN’AZIONE LITURGICA

L’Assemblea è convocata per compiere un’azione: non solo parole ma anche gesti. Ognuno, nell’Assemblea, ha un suo compito. Quali sono?

Per il Battesimo, tutti siamo sacerdoti insieme a Gesù. Quindi tutti siamo Assemblea celebrante. Ci sono poi dei compiti particolari, differenziati. Nello specifico:

  • Uno dell’Assemblea, a nome nostro, incaricato dal Vescovo, presiede, cioè guida la Celebrazione. Lo chiamiamo Colui che presiede.
  • Alcuni hanno preparato momenti particolari e guidano l’Assemblea: Gruppo Liturgico
  • Alcuni incaricati e opportunamente preparati, proclamano la Parola. Sono i
  • Alcuni sono incaricati per essere Animatori del canto.
  • Alcuni svolgono un servizio occasionale: raccolta offerte per le necessità della Comunità…
  • Tutta l’Assemblea: dialoga con il Presidente, interviene con il canto, compie i vari gesti (si siede, si alza, dà il gesto della pace), si accosta in processione alla Mensa per la Comunione…
PREGHIAMO

Oggi, con tutta la comunità,
sono stato chiamato nella mia chiesa:
abbiamo formato l’Assemblea.
Anche Tu riunivi tante persone attorno a Te
Che desideravano ascoltare la tua Parola.

Ho visto anche altre persone:
l’Assemblea è formata dai discepoli di Gesù
che nel giorno memoriale della Risurrezione
si trovano insieme nel suo nome.

Quest’anno nell’Assemblea avrò un posto speciale:
non solo ascolterò la Parola
ma andrò anche alla Tavola
per mangiare il Pane e bere il Calice.

Grazie, Signore, per il tuo invito!

Note:

  1. L’Assemblea prima si forma, poi inizia a celebrare. E’ contro ogni logica liturgica entrare quando l’Assemblea ha già iniziato a celebrare!
  2. L’Assemblea è la Famiglia dei battezzati. Se un bambino disturba, non può essere lui ad attirare l’attenzione!!!! Certo, i bambini si stancano presto. I genitori li introducano gradualmente. La cappella feriale è stata pensata per loro. Specialmente per i più piccoli, il genitore potrebbe portarli fuori, al parco, e rientrare per partecipare alla Comunione. Si tratta di creare un giusto e sereno equilibrio tra le varie esigenze, proprio come in famiglia!!!

[2] LITURGIA DELLA PAROLA

LA FEDE NASCE DALL’ASCOLTO

 Cosa significa Proclamare la Parola nella Liturgia

  1. La Bibbia (libri in ebraico e libri in greco) è la lunga narrazione di una relazione tra un popolo (=l’uomo) e Dio. In questo senso la Bibbia può essere letta anche da un non credente: parla di una relazione e l’uomo vive tanto quanto è in relazione (marito-moglie, genitori-figli, amico-amici, ... uomo-Dio...).
  2. In senso più profondo: la Bibbia è il documento scritto del laborioso cammino che il popolo ebraico prima, le prime comunità cristiane poi, hanno percorso. In esso narrano la propria fede, i propri dubbi, i propri sbagli, le proprie speranze nel Dio dei Padri… Fino alla venuta di Gesù di Nazareth riconosciuto – nella fede – colui che porta a compimento le promesse, colui che RIVELA il volto misterioso e sconosciuto di Dio.
  3. Per il cristiano, è lo strumento indispensabile per incontrare OGGI Gesù di Nazareth.
  4. La Bibbia non è Parola di Dio, ma contiene la Parola di Dio. Vuol dire che dentro quei racconti io debbo pormi domande di questo tipo: «Cosa dice di me quella Parola? Cosa dice di Dio quella Parola? ...Cosa dice di Gesù di Nazareth…?». Poi io sarò libero di fidarmi e accettare, oppure di rifiutare.
  5. Tutta la Bibbia – dunque – ha un punto di riferimento: Gesù di Nazareth. In lui, nella sua vita, nelle sue parole, nei suoi gesti (... di uomo) Dio, che noi non conosciamo, si è fatto conoscere per quello che noi possiamo conoscere.
  6. Tutto questo ci porta a due conclusioni importantissime, fondamentali per noi:
    • Il cammino di fede consiste in questo: conoscere Gesù di Nazareth attraverso l’ascolto della Parola non per “capire”, ma per “conoscerlo”, seguirlo, “fidandoci” di lui. Paolo nella sua Lettera ai Romani (10, 17) afferma: La fede viene dall’ascolto.
    • Il “luogo” in cui la Parola deve prima di tutto risuonare è nell’Assemblea Liturgica.
  1. Con le letture si offre ai fedeli la mensa della Parola di Dio e si aprono loro i tesori della Bibbia
  2. Pur non essendo l’unica o esclusiva forma di incontro con la sacra Scrittura, tuttavia la proclamazione liturgica della Parola di Dio è la forma tipica del dialogo di Dio con il suo Popolo. In effetti la Liturgia non può vivere senza la Parola di Dio e il contesto liturgico costituisce l’ambito più proprio del dialogo di salvezza. Solo nella Liturgia l’annuncio, l’ascoltoe la celebrazione costituiscono un unico atto di culto dal momento che «con Lui parliamo quando preghiamo e Lui ascoltiamo quando leggiamo la Parola» (S. Ambrogio citato in DV 25).
  3. Una e una sola volta nei vangeli Gesù legge le Scritture e quella sola volta lo fa in una liturgia. Nella sinagoga di Nazaret, in mezzo ai suoi fratelli riuniti in preghiera in giorno di sabato, Gesù legge la profezia di Isaia e la commenta (cf. Lc 4,16-21). La sua conclusione è questa: Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». La stessa conclusione dovrebbe essere la nostra ogni volta che celebriamo la Liturgia della Parola!

2 note pratiche:

  1. E’ bene non entrare in assemblea durante la proclamazione della Parola; si aspetta nella Cappella feriale
  2. E’ bene leggere prima i testi. A riguardo puoi trovarli sul sito del Buon Pastore Parma.

Possiamo pregare

Concedimi Signore, di stare alla Tua presenza
e di adorarTi nel profondo del cuore.

Aiutami a far silenzio,
intorno a me e dentro di me,
per poter meglio ascoltare la Tua voce.

La tua Parola, Signore,
è lampada per i miei passi,
è luce nel mio cammino:
Mai dimenticherò la tua Parola.

Spirito Santo, dono del Padre,
crea in me un cuore nuovo,
perché possa seguire Cristo.

[3] IL MEMORIALE

[Fate questo in memoria di me]
MEMORIA E MEMORIALE
  • La memoria è semplicemente il ricordo di un fatto passato. Il memoriale invece è rendere presente quell’evento. È un attualizzarlo, in modo tale che lo si rende contemporaneo a noi e noi vi partecipiamo direttamente, nello stesso modo in cui ne furono resi partecipi i primi che lo sperimentarono.
  • Gli ebrei vivevano la loro pasqua come un memoriale dell’uscita dall’Egitto. Lo disse Dio stesso: “Questo giorno sarà per voi un memoriale” (Es12,14). Un famoso Rabbi, Gamaliele, insegnava agli ebrei a celebrare il memoriale della Pasqua, festa della liberazione dalla schiavitù dall’Egitto con queste parole: “In ogni generazione l’uomo deve considerarsi come se fosse stato tratto personalmente dall’Egitto. Perciò siamo obbligati a ringraziare, a lodare Colui che ai nostri padri e a noi ha fatto questa meraviglia, Colui che dalla schiavitù ci ha tratti alla libertà, dalla sofferenza alla gioia, dalla mestizia alla festa, dal buio a una grande luce, dalla sottomissione alla liberazione. Perciò davanti a lui intoniamo ‘‘Alleluja’
  • Ma il memoriale implica anche un’altra cosa: che si vive quell’evento in modo tale che esso segni la nostra vita e ci fa vivere conformemente ad esso. Ciò significa che chi partecipa all’eucaristia si impegna a vivere eucaristicamente, e cioè con i medesimi sentimenti del Cristo crocifisso.

In termini succinti possiamo dire che il concetto di memoriale implica tre cose:

  1. la memoria, il ricordo di un fatto storicamente avvenuto;
  2. la riattualizzazione o ri-presentazione di quell’evento; [non riproduzione, non rinnovamento…]
  3. essere partecipi della grazia di quell’evento conformando ad esso la propria vita.

Quando noi, la Domenica e ogni volta che andiamo all’Eucarestia, mai dimentichiamo che andiamo a vivere un evento avvenuto una volta per sempre ma a cui noi partecipiamo compiendo “quei determinati gesti liturgici” come ha fatto Gesù.

La Pasqua si rende presente e operante ogni volta che celebriamo la Messa: questo significa celebrare il memoriale. La partecipazione all’Eucaristia ci fa entrare nel mistero pasquale di Cristo, donandoci di passare con Lui dalla morte alla vita.

NOI TUOI DISCEPOLI

Signore Gesù,
abbiamo celebrato la tua Cena,
siamo della tua famiglia:
Ogni giorno di Festa
veniamo a mangiare quel Pane,
e non dimentichiamo le tre Parole:

ANNUNCIAMO
PROCLAMIAMO
NELL’ATTESA

Signore,
grazie per il tuo invito che sempre si rinnova.

[4] LA MESSA E’ UN BANCHETTO

PANE e VINO = CORPO e SANGUE [Uno sguardo alla tradizione biblica del mangiare il banchetto]

Nella Bibbia ogni pasto aveva un carattere sacro. La festa principale di Israele, quella che celebrava la sua origine, cioè la liberazione dall’Egitto, era vissuta in un pasto preso la vigilia di Pasqua, pasto in cui si mangiava l’agnello come memoriale del riscatto del popolo di Dio.

Si è notato che, tra i diversi testi religiosi dell’antichità, nessuno come la Bibbia parla tanto di cibi e bevande, e nessuno come i quattro vangeli parla tanto di pasti e di banchetti.

Gesù amava la tavola quale luogo di incontro con gli altri, parlava sovente di tavola e di banchetto per aiutare a comprendere la condizione di comunione con Dio e con sé nel Regno e volle la tavola come luogo che radunasse i suoi discepoli per vivere la sua memoria dopo la sua morte.

Gesù non solo è stato invitato a tavola, ma ha anche invitato a una tavola, la sua tavola. Ecco perché nel Nuovo Testamento troviamo le espressioni “tavola del Signore”. Nell’imminenza della Pasqua, Gesù, volendola celebrare da ebreo in alleanza con Dio e volendola portare a compimento, a pienezza, venuto il giorno degli azzimi manda i discepoli a fare i preparativi per poter “mangiare la Pasqua” in una casa a Gerusalemme, dove c’era una sala al piano superiore arredata con divani (cf. Mc 14,13-16 e par.). Quando tutto è pronto, venuta la sera, Gesù è nella “sua sala” (cf. Mc 14,14) con i Dodici, la sua comunità, e subito manifesta loro la sua grande gioia per quella cena: “Ho desiderato con grande desiderio mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio” (Lc 22,15-16). Poi, preso un calice colmo di vino, lo diede ai discepoli dicendo di condividerlo, perché era l’ultimo vino, frutto della vite, che egli beveva qui sulla terra, prima di berlo come “vino nuovo” nel regno di Dio (cf. Mc 14,25 e par.).

Ma ciò che avvenne in quell’ultima cena, come assoluta novità capace di inaugurare un tempo nuovo, quello della nuova alleanza, furono due gesti di Gesù, narrati dai sinottici (cf. Mc 14.22-24 e par.) e da Paolo nella Prima lettera ai Corinti (1Cor 11,23-25). Mentre erano a tavola e mangiavano

  • “Gesù, preso del pane
    e pronunciata la benedizione (o anche: “reso grazie”),
    lo spezzò e lo diede loro, dicendo:
    ‘Prendete, questo è il mio corpo’.
  • E preso un calice e avendo reso grazie,
    lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro:
    ‘Questo è il mio sangue dell’alleanza,
    che è versato per le moltitudini’”.

Ecco i gesti che anticipano come segno la passione e la morte del Signore, ecco i gesti che i discepoli dovranno fare in sua memoria (cf. Lc 22,19; 1Cor 11,24): ecco il dono dell’Eucaristia. Gesù prende il pane del bisogno, il pane necessario per la vita dell’uomo, benedice Dio per esso, lo spezza e lo divide dicendo: “Questo è il mio corpo, questa è la mia vita donata a Dio e a voi. Partecipate alla mia vita, mangiando il mio corpo in questo pane”. Poi prende il calice del vino, il vino della non necessità, della gratuità e della gioia, il vino mai assente nelle nozze, nella celebrazione dell’alleanza, nella celebrazione dell’amore (cf. Gv 2,1-11), e su quel calice, dopo aver reso grazie, dice: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, della nuova alleanza. Tutta la mia vita è donata a voi e voi, bevendo al calice, permettete che la mia vita rappresentata nel sangue entri in voi. Una sola vita in me e in voi, una comunione profonda, comunione di corpo e di sangue”.

Da quella sera è sempre pronta per ciascuno di noi la tavola del Signore, in cui ci sono offerti pane e vino, corpo e sangue di Cristo, affinché siamo una sola cosa con lui e tra di noi. Abbiamo una tavola in cui ci è possibile comunicare con Cristo fino a vivere della sua vita, fino a diventare sua dimora.

Se io penso che per andare alla tavola del Signore devo essere degno, allora, in coscienza, non ci devo andare mai. L’Eucaristia non è un premio per i perfetti ma un rimedio e un alimento per i deboli” (Evangelii gaudium 47). No, essa è cattedra della condivisione, cattedra della comunione dei beni materiali e spirituali, cattedra della misericordia di Dio per noi e della misericordia da vivere nella reciprocità della comunità cristiana

Alla fine dei tempi l’Eucaristia non sarà più celebrata con pane e vino, ma sarà celebrata da tutta l’umanità, che farà il suo ringraziamento a Dio per averla creata e salvata. “Il Signore dell’universo imbandirà un banchetto, lo preparerà per tutti i popoli sul monte Sion, un banchetto di vivande scelte e vini eccellenti, di cibi gustosi e vini”.  (cr.  Is 25, 6-9ss).

Insomma: pane/vino, Corpo/Sangue stanno ad indicare tutta la vita di Gesù. L’aggiunta spezzato/versato: stanno ad indicare un dono consegnato attraverso una morte violenta.

PREGHIERA

Oggi, con tutta l’Assemblea,
sono stato chiamato attorno al Tavolo.
Ho visto preparare il pane;
ho visto preparare il calice.

Ho sentito raccontare la Cena di Gesù.
Ho visto spezzare il Pane.
Ho visto benedire il Calice.

Abbiamo camminato insieme
per mangiare la Pasqua di Gesù.
Grazie, Signore, per questo dono
Che ogni giorno di Festa si rinnova.

Grazie.

[5] UNA CELEBRAZIONE NELLA MIA CASA

[Ipotesi di accompagnamento dei figli verso la Celebrazione]
Premessa

Proprio tenendo presente quanto finora detto, Il Banchetto Eucaristico è, tra tutti i Sacramenti, quello che più di tutti ha uno svolgimento familiare, domestico. Le prime celebrazioni sono tutte “familiari”, cioè celebrate in famiglia. Vediamo!”

Opportunamente preparato, ogni famiglia celebra un Banchetto Eucaristico nella propria casa in preparazione al Banchetto della Prima Comunione. Celebranti è tutta la famiglia; presiede il papà o la mamma.

LITURGIA EBRAICA e LITURGIA CRISTIANA
  1. Questo dunque l’orizzonte generale in cui va letto il Banchetto Eucaristico: si tratta di una liturgia domestica. Tutte le feste ebraiche, sabato incluso, pur avendo un momento in sinagoga e un momento in famiglia, assolvono il precetto festivo con la liturgia domestica. In altri termini, un ebreo che a Pasqua va in sinagoga ma non celebra la liturgia familiare, non ha fatto Pasqua.
  1. Qual’ è la ragione? La ragione è che in questo modo tutta la famiglia è coinvolta. Il momento sinagogale – come il momento al tempio quando c’era – serve a vivere il senso di appartenenza alla comunità, ma può essere che a questo momento comunitario non possa partecipare un anziano, oppure una mamma con un bambino piccolo, o un ammalato. Non è un momento liturgico che può inglobare tutti, mentre la liturgia familiare può accogliere un malato, un bambino piccolo, un anziano che ha difficoltà a muoversi. Perciò la dimensione familiare è considerata lo spazio liturgico per eccellenza; non esclude quella comunitaria, ma viene prima.
  1. A volte succede che più famiglie decidono di compiere questo rito insieme, o in un locale della comunità, o scegliendo anche un locale laico.
  1. La liturgia pasquale, che si svolge in un orizzonte domestico, coinvolge tutta la famiglia fin dai preparativi. L’idea è che non si può celebrare una festa, una liturgia, se ciascuno non contribuisce a costruirla: non si fa mai da spettatori, ma bisogna essere protagonisti. 
  1. Accanto a questo primo gesto, c’è la preparazione insieme della tavola per la festa, che deve essere una tavola dove si mangia, ma anche si prega; perciò sono presenti i piatti e i bicchieri, ma anche i testi liturgici che poi tutta la famiglia utilizzerà.
  1. Anche Gesù ha compiuto le cose più importanti a tavola. [vedi il volume: “Un Rabbi che amava i banchetti” di Enzo Bianchi].

UN ESEMPIO

ACCOGLIENZA
  •  Tutta la famiglia si siede attorno alla tavola dove i bambini hanno preparato il segnaposti per tutti coloro che saranno presenti.
  • Chi presiede: Oggi il nostro pranzo/cena domenicale lo vivremo come questa mattina abbiamo celebrato la Pasqua con tutta la Comunità nella nostra chiesa.
  • Dice Gesù nel Vangelo: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt 18, 20). Come questa mattina noi siamo riuniti nel suo nome, quindi Lui è in mezzo a noi.
RICHIESTA DI PERDONO
  • Chi presiede: a volte ci manchiamo di rispetto o facciamo qualcosa, magari inavvertitamente, senza pensarci. Questo è il momento in cui la nostra famiglia riscopre la bellezza e il senso del perdonarsi.
  • Possono iniziare i figli… Sarebbe molto bello che i genitori esprimessero la richiesta di perdono tra loro; magari anche verso i figli: perché a volte sono nervosi, perché non riescono a dare loro tutto il tempo che vorrebbero…
  • Potrebbe essere il momento in cui un genitore spiega perché ha negato quella “cosa” al figlio oppure perché il figlio ha fatto “quei” capricci…
  • Momento ideale – almeno ogni tanto – per il Consiglio di Famiglia!!!
IN ASCOLTO
  • Il figlio potrebbe leggere un “componimento” fatto a scuola; un adulto un fatto di giornale (che parla dei problemi dei giovani, degli immigrati…oppure un bel messaggio ricevuto…); non manchi un brano della Bibbia che un incaricato ha preparato.
  • Chi ha scelto quel brano oppure chi presiede dice qualche parola di commento.
  • Si prega qualche versetto di un salmo. [Potrebbe essere una preghiera avuta a catechismo, oppure vista sul foglio distribuito in chiesa, oppure di un membro della famiglia che frequenta uno dei percorsi biblici].
SI PREPARA LA TAVOLA
  • Chi presiede invita a preparare la tavola; ciascuno avrà un compito:
    • Portare i piatti, le posate, i tovaglioli…
    • I bambini possono portare il pane
    • Gli adulti le bevande
  • Chi presiede non mancherà di sottolineare come quei gesti li abbiamo visti fare durante la celebrazione del mattino in chiesa.
IL MEMORIALE E IL PASTO
  • Chi presiede (e porta in tavola): questa mattina abbiamo spezzato e mangiato il pane in memoria di Gesù che ha donato e condiviso tuttala sua vita per noi.
  • Anche noi – mamma e papà – con questo cibo vi diciamo che abbiamo lavorato e faticato per tutti noi, per la nostra famiglia. Vi garantiamo che vi vogliamo molto bene, che faremmo qualunque cosa per voi: questo ce lo ha insegnato Gesù.
  • Un incaricato ringrazia a nome di tutti.
  • Lo stesso avviene quando ci sono le altre portate.
  • I figli, possibilmente, rimarranno a tavola fino alla preghiera finale.

CONCLUSIONE

Grazie, Signore, per la nostra famiglia riunita:
Ti vogliamo ringraziare per il grande dono
che Tu ci hai fatto:
Grazie per il Papà…
Grazie per la Mamma…
Grazie per…
Grazie perché anche nella nostra casa,
come questa mattina in chiesa,
è stato preparato un banchetto.

Ancora Ti diciamo grazie,
per la tua Parola e il tuo Pane,
quello che abbiamo mangiato insieme,
raccolti in assemblea,
per celebrare la memoria
della tua vita, morte e risurrezione.

Proteggi sempre la nostra famiglia
e tutte le famiglie

Amen!