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Premessa: Raccordo tra la Domenica XX e la XXI.

Paolo, a conclusione della sua riflessione su Israele e la sua storia, terminava chiedendosi: Chi mai potrà entrare nei pensieri di Dio?!... Pietro, autore di una professione di fede tale da meritare il Beato da parte di Gesù, di fatto non sa esattamente cosa dice.  Una risposta da manuale, ma … Tra le due “professioni di fede” si colloca l’invito che Gesù continua rivolgere …se qualcuno vuole venire dietro a me (=opiso mou. opisw mou)...”

Dal libro del profeta Geremìa (20,7-9) (Apri la versione PDF) (Ascolta il commento audio)

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre;
mi hai fatto violenza e hai prevalso.
Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno;
ognuno si beffa di me.

Quando parlo, devo gridare,
devo urlare: «Violenza! Oppressione!».
Così la parola del Signore è diventata per me
causa di vergogna e di scherno tutto il giorno.

Mi dicevo: «Non penserò più a lui,
non parlerò più nel suo nome!».
Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente,
trattenuto nelle mie ossa;
mi sforzavo di contenerlo,
ma non potevo.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 62,2-6.8-9) (63)

Rit. Ha sete di te, Signore, l’anima mia.

O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l'anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua. R.

Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode. R.

Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. R.

Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene. R.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (12,1-2)

Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.

Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.

CANTO AL VANGELO (Cf. Ef 1,17-18)

Alleluia, alleluia.

Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del vostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.

Alleluia.

Dal Vangelo secondo Matteo (16,21-27)

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.

Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?

Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora   renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

In ascolto della Parola

Cosa intendeva dire Pietro, confessando in Gesù il Messia? Come interpretare questa figliolanza davidica e questa regalità su Israele? Questo non è affare di Pietro; solo Gesù può interpretare il proprio messianismo. Pietro può arrivare solo fin lì: Tu sei il Messia! Non è Pietro che dà una vocazione a Gesù, è Gesù che poco per volta la rivela ai discepoli. E Gesù comincia a rivelarla dicendo apertamente la necessità per lui di salire a Gerusalemme.  Non è fatalismo. Semplicemente è la presa di coscienza che andare in questa città “vecchia”, retta dagli anziani, dai capi sacerdotali e dagli scribi vuol dire patire molto, vuol dire morire. Il soffrire molto poteva avere delle prefigurazioni nella vita di Davide e dei suoi figli; ma il morire no, il morire richiama altre figure: Abele, i profeti; è in questa direzione che Gesù interpreta il suo essere Messia. Pietro non è pronto. Qui avviene un passaggio stupendo: Matteo lo registra con un linguaggio intenso, non sempre rettamente letto e compreso. Dietro a me – dice Gesù al suo discepolo che vorrebbe fargli da maestro!  Gesù è il Messia, è il maestro.  Ora Pietro da discepolo vorrebbe diventare maestro: si affianca a Gesù, gli dice chi e come - secondo lui, secondo le attese della gente - dovrebbe essere il Messia. Lo redarguisce, gli garantisce che nulla di quanto Lui ha detto gli accadrà! Pietro vuol fare il maestro, Gesù gli riconsegna la sua vocazione primaria: essere discepolo. Pietro, opiso mou, adesso sei lontano, sei separato, sei satana! Matteo non ci dice cosa ha detto Pietro a Gesù, non ci interessa; quello che il testo ci preme far capire è che Pietro è discepolo e non maestro; lui non è in grado di capire e ogni pretesa di interpretare il Messia è una caricatura della sua vocazione. Gesù, più o meno, gli dice: Pietro, tu hai risposto bene dicendo che io sono il Messia, ma sbagli, sbagli molto quando pretendi di essere tu a dire come e chi deve essere il Messia! Tu non puoi capire chi sono; la tua professione di fede è secondo i tuoi schemi. Per questo tu ora sei molto lontano, sei staccato, sei distante (=satana). Tu devi essere discepolo, devi venire opiso mou, devi venire dietro a me fino a Gerusalemme. Solo allora potrai dire se ci siamo capiti oppure no (come non pensare al rinnegamento di Pietro!?). Da “pietra di fondazione” a“pietra d’inciampo”: Pietro ha un indubbio primato tra i Dodici, ma tale primato è fortemente ambivalente: ha un primato nel bene, ha un primato nel male!

TRE PUNTUALIZZAZIONI

  1. Gesù afferma: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua». I primi due comandi («rinneghi sé stesso» e «prenda la sua croce»), formulati all'aoristo, indicano un'azione puntuale, fat­ta una volta per tutte; l'ultimo («mi segua») è invece al presente e suppone una durata, una ripetizione nel quotidiano. Tali immagini sono tratte dall'ambito giudiziario e indicano la pena del condannato a morte: rinnegare sé stesso significa rinunciare alla difesa e prendere la propria croce indica l'atto con cui il processato, una volta condannato, viene costretto a portare lui stesso lo strumento della propria esecuzione. Il discepolo di Gesù deve smettere di giustificarsi e difendersi, dunque non confidare più in sé stesso, e seguirlo gior­no dopo giorno. La rinuncia è possibile solo se avviene nello spazio della libertà e dell'amore; al di fuori di questo si resta nell'etica del dovere, che non ha nulla a che fare con la gratuità dell'evangelo. La rinuncia come esperienza più alta di umanizzazione?
  2. E’ possibile sentire questa espressione: «Offri a Dio le tue sofferenze». E’ orribile! Non si offre a Dio qualcosa di cattivo! Cristo, proprio nell’evento della sua Pasqua, ci invita a spostare l'accento dalla sof­ferenza all'amore, e questo ci fa crescere come persone per due motivi:
    1. Umano: è l'amo­re che può dare senso anche all'insensatezza della sofferenza.
    2. Teo­logico: la rivelazione cristiana afferma che è l'amore che salva, non la sofferenza. La sofferenza può, infatti, abbrutire, mentre l'amore può umanizzare anche chi vive gravi situazioni di dolore. Questo è verificabile anche nella vita e nella morte di Gesù. Non è la croce e non sono le sofferenze patite nella passione e sulla croce che han­no reso grande Gesù, ma è l'esatto contrario: è la vita di Gesù, l'in­tera vita di Gesù traversata dall'amore, spesa nell'amare, che ha dato senso anche a quell'abominio che era, che è e che sempre re­sterà la croce.
  3. La croce è il simbolo di tutte le situazioni disumanizzanti. Noi cristiani dobbiamo stare molto attenti: il nostro riferimento non è la croce, ma Colui che sulla croce ha dato la prova estrema di un amore che non cede di fronte all’ingiustizia, alla disonestà, al potere malvagio… nemmeno di fronte all’abbandono di Dio!!! Cristo non ha offerto le sue sofferenze, ma ha offerto sé stesso, ha fatto della sua vita un'offerta a Dio trovan­do la propria gioia nell'amare gli altri e questo l'ha fatto sempre, non solo sulla croce: la croce è il culmine di una vita spesa per gli altri, nell'amore e nella dedizione.

ILEOS

Ha dentro l’idea di sorriso, “cuore lieto”. E’ usato in riferimento a persone, uomini e divinità; originariamente vale “lieto”, contento”. E’ usato di preferenza per coloro che occupano posizioni elevate, quindi per i governanti e, in modo speciale, per gli dei. Rendere benevoli gli dei – specialmente nel mondo greco – è uno dei compiti del culto. Nella LXX compare solo come predicato di Dio, nelle espressioni “perdonare”, “avere compassione”, “avere misericordia”. Quindi la LXX mette un’espressione religiosa al posto di una espressione ebraica che di per sé non era religiosa. Da formula di augurio così come era in uso nel mondo pagano diventa una formula di difesa o di scongiuro. Questo termine lo troviamo solo in Ebr. 8,12 (nella citazione di Ger 31,34) e e qui nel brano nel vangelo di Matteo. Questa premessa ci aiuta a comprendere come l’espressione di Pietro “misericordioso, benevolo a te (Dio sia)” non sia un semplice “scongiuro” ma un segnale e una premessa alla drammaticità di quanto l’evangelista sta rivelando di “Cristo” messia “altro”; Pietro, insomma, continua a non capire… 

OPISO MOU

Esempio parlante di quanto sia vero l’adagio: “Bibbia tradotta, Bibbia tradita”. Lungi da me, satana: così la precedente traduzione della CEI. La nuova versione ha tentato di correggere: Va’ dietro a me, Satana! Per comprendere questa espressione, è indispensabile tener presente che il maestro cammina avanti e il discepolo lo segue. Opiso mou è un termine tecnico per indicare la sequela. Venite dietro a me (opiso mou) dice Gesù ai primi apostoli (Mc1, 17). E: Venite dietro a me (opiso mou), registra Matteo (4, 19). Addirittura Giovanni, riferendosi a Gesù Cristo, dice così: il veniente dietro a me (opiso mou), per sottolineare che anche Gesù è stato discepolo di un altro (di Giovanni). Qui vedo rinnovata la chiamata di Pietro. Per essere discepolo, Pietro – come ogni altro discepolo della storia – deve andare dietro al Maestro. E qui Gesù rivela fino in fondo a Pietro quanto sia impegnativa la sequela. Pietro non doveva andare dietro ad una definizione del Messia: doveva vedere quello che quell’uomo che lui aveva chiamato Cristo avrebbe fatto di lì a Gerusalemme! …Pietro, sei troppo lontano da me, vieni più vicino a me, guarda quello che faccio io…