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Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini Fratelli, [Ef 2, 13-22] (Apri la versione PDF)

Fratelli, Gesù Cristo è la nostra pace,
colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva,

per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
eliminando in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.
Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

SALMO (23)

R. Sei Tu, Signore, il mio Pastore: sei Tu il mio Custode

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia. R.

Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.R.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca. R.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni. R.

Dal Vangelo secondo Giovanni [Gv 17, 11-19]

Al termine ormai dell’Ultima Cena Gesù, alzati gli occhi al cielo, pregò dicendo: «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità.

RIASCOLTIANO

1. Efesini

Gesù Cristo…

L’anonimo Autore della Lettera agli Efesini sottolinea che sulla croce Cristo ha fatto dei due popoli (ebrei e pagani) un solo popolo nuovo, ha creato un uomo nuovo, non più definito dalla appartenenza etnica e culturale, ma che trova la sua identità in Cristo. Lui ha fatto la pace per riconciliare con Dio tutti in un solo corpo. Qui abbiamo l’idea centrale della riconciliazione. Che non è: diamoci un bell’abbraccio di pace e… Riconciliazione (katallaghè) è uno scambio verso il basso, in perdita. Colui che opera la riconciliazione perde qualcosa di se stesso, si piega verso… e perde qualcosa di sé. E’ la condiscendenza di Dio per incontrare il popolo sofferente in Egitto; il Cristo che si fa uomo, che condivide la condizione umana, di schiavo, muore in croce. E, a livello narrativo, Cristo Gesù che in mezzo ai suoi apostoli si abbassa, lava i piedi anche a Giuda, al nemico, al traditore. Questa è la riconciliazione. E’ un lavoro di perdita di sé che consente di tenere insieme la comunione, la comunità. In ogni comunità la comunione è possibile grazie ad alcuni che si fanno servi degli altri e accettano di perdere qualcosa di sé. Non c’è altra via. La riconciliazione come abbassamento di Dio per incontrare l’uomo e creare comunione con l’umanità; questa è la legge della vita ecclesiale. Si crea unità, si crea comunione grazie a questo lavoro di abbassamento, di perdita di sé.

Quando Paolo scrive ai cristiani di Corinto (Prima Lettera ai Corinti), vede una comunità molto frazionata, divisa in appartenenze particolaristiche: quelle che si richiamano ad Apollo, grande predicatore intellettuale; quelle che si richiamano a Paolo; quelli che si richiamano direttamente a Dio senza bisogno di intermediari. Bene, a tutti questi predica solo Cristo e questi crocifisso. L’unità si deve misurare lì. E’ Cristo, Cristo crocifisso, quello che spezza le nostre immagini di Dio ed anche della comunità. Lui ci può liberare dall’idolatria, dal fare delle nostre immagini della Chiesa, di Dio, farne un idolo. Tutto si deve spezzare sul Cristo crocifisso. Il nostro pregare quotidiano deve diventare una continua purificazione delle nostre immagini di Dio: Cristo crocifisso, che non è un’immagine! Noi mettiamo Dio nella potenza, nella forza, nello splendore. No! Se possiamo intuire un’immagine di Dio, questa è il Crocifisso!

Qui siamo a livello ormai abbastanza avanzato dell’ecclesiologia. Accanto agli apostoli ci sono i profeti messi allo stesso posto degli apostoli. Sono tanti i ministeri che hanno a che fare con la parola di Dio. Apostolicità come elemento statico che dà continuità con il passato; la profezia è l’elemento dinamico. Entrambi fondano la Chiesa. A volte si esagera da una parte, a volte l’altra; quando si assolutizza solo un elemento si rischia una massiccia istituzionalizzazione.

Ecco allora la Comunità: fondata su Cristo, con la continuità degli apostoli, con la vivificazione dei profeti, …in un continuo tentativo di scambio verso il basso…

2. Giovanni

Siamo nel momento solenne e drammatico insieme della Cena, l’ultima. Qui abbiamo la consumazione di un processo che attraversa tutto il Vangelo: tutti davanti a Gesù si dividono. Ebbene, il Padre non ha mandato suo Figlio per giudicare il mondo ma per salvare il mondo. Dio ha amato il mondo-umanità. Ma il mondo, inteso come mondanità, come logica senza Dio, è la tenebra: e la tenebra si scontra con la luce! Il mondo si divide. Ecco perché Gesù dice: Io non giudico nessuno. c’è la parola che giudica. Così si è consumato il giudizio in un processo in cui Gesù non ha fatto assolutamente nessun giudizio. Si è consumato, per esempio, durante la notte del processo, da parte di Pietro quando per tre volte ha detto: Io non conosco quell’uomo!

Ecco allora: io non sono nel mondo, essi sono nel mondo. Ormai Gesù sta passando da questo mondo al Padre gloriosamente. Ma è molto importante: Custodisci nel tuo nome quelli che mi hai dato, siano una sola cosa, come io e te. Ecco l’unità. E’ questo il brano che ancora in qualche misura non si è realizzato nella Chiesa. L’unità è durata poco, mai piena da sempre; i cristiani nel tempo si dividono e sono ancora divisi. Consoliamoci: neanche Lui ha visto la sua preghiera esaudita!

Allora Gesù chiede la santificazione (“consacrazione” è un termine pagano, non cristiano). Siano, cioè, distinti dal mondo. Giovanni – è un po’ il suo stile – ricorre a un gioco di parole: i cristiani sono nel mondo ma non sono del mondo, non devono appartenere alla mondanità: tutto il gioco è ”nel” e “del”! Il discorso è molto chiaro, non è difficile. E non solo; Gesù non chiede che il Padre li tolga dal mondo, dalla storia, dalla compagnia degli uomini ma che tu li preservi dalle tenebre, dal male, da scelte di morte. Essi non sono del mondo, cioè non sono proprietà del mondo come io non sono proprietà del mondo. Santificali nella tua verità, la tua parola è verità. Cioè: potali! Mio Padre vi pota, la parola che vi ha dato vi pota e vi ha distinti dalla mondanità. E poi l’offerta: io santifico me spetto per loro perché anche loro siano santificati nella verità. In altre parole: io offro una esperienza “diversa, altra” (=santa) perché il discepolo si senta invitato ad una esperienza altra.

MEDITIAMO

Siamo la stessa comunità di Efeso; siamo gli stesi commensali della solenne Ultima Cena, pur vivendo 2000 anni dopo. Le sottolineature degli Autori di questi testi ci ricordano che tra noi c’è sempre il rischio di divisioni, di scelte altre. Per usare il linguaggio giovanneo, diciamo che in noi è insita una divisione, una lotta che poi noi portiamo all’esterno, nelle nostre quotidiane scelte di vita. In noi c’è insieme l’amore dichiarato, l’attenzione per il “mondo” inteso come l’altro da me, il prossimo, il famigliare, addirittura, a volte, anche il nemico, chi mi ha fatto un torto. E c’è insieme l’attenzione /attrazione per il “mondo” inteso come mondanità, qualcosa che, anche se alla luce della Parola, del mio credere, risulta negativo, mortifero, tuttavia è così allettante e condizionante per me.

La parola ascoltata, un cammino non sporadico di ascolto può suggerire alla nostra comunità alcune stradine percorribile.

  1. Riportare Cristo al centro della nostra vita comunitaria. Può suggerire:
    • Ascolto comunitario e personale della sua Parola.
    • Riscoprire la centralità dell’Assemblea riunita nel giorno del Signore: il primo segno che io credo nel Signore Risorto è dato dal ritrovarmi insieme in Assemblea con i fratelli e le sorelle che condividono la stessa fede. Infatti, quando la prima comunità parlava di “Corpo di Cristo” non intendeva l’“Ostia” ma l’Assemblea Celebrante raccolta nel giorno di  Festa.
    • Riscoprire il mio posto nella comunità. Nessuno parte del mio corpo è semplicemente “spettatrice”, ma ognuna ha la propria funzione!
  2. Mai dimenticare: Il movimento che abbiamo definito “verso il basso” mai indicarlo agli altri con le prediche, ma ciascuno di noi lo viva per primo in silenzio! Oggi continuiamo ad avere molti maestri che ci dicono di fare in un modo o nell’altro; purtroppo abbiamo pochi testimoni.
  3. Inoltre: la comunità avrà sempre problemi, perché formata da uomini e donne umani. Nemmeno Cristo è riuscito a formare una comunità perfetta, forse l’avrebbe desiderato. Questo non è un buon motivo per non fare quello cui siamo chiamati con il Battesimo, anzi. Cristo ha dato tutto, anche la vita: questa rimane sempre la nostra ultima vocazione.