Questo sito utilizza i Cookie per rendere i propri servizi semplici e efficienti per l’utenza che visiona le pagine del sito.
Gli utenti che visionano il Sito, vedranno inserite delle quantità minime di informazioni nei dispositivi in uso, che siano computer e periferiche mobili, in piccoli file di testo denominati “cookie” salvati nelle directory utilizzate dal browser web dell’Utente. Maggiori dettagli.

A mo’ di introduzione…E’ interessante: Matteo sembra esprimere il valore di una giustizia che in realtà non corrisponde con l’idea di giusto che noi possiamo avere. Giuseppe viene detto Giusto, benché, meglio, proprio per il fatto che non fa quello che dice la Torah e non manda via Maria. Se giusto è colui che rispetta la Toràh, qui Giuseppe non la rispetta per niente!  Con leggera ironia Matteo dice: Siccome era giusto non rimandò Maria…!?! Ma la giustizia di Giuseppe sta nell’andare oltre, cioè al cuore della legge. Anche con Zaccaria ed Elisabetta avviene lo stesso passaggio “assurdo”. Infatti tutti e due vengono detti sterili, tutti e due non hanno figli, sapendo quello che significa per l’AT non avere figli: figlio è la benedizione e la sterilità è la maledizione. Eppure Elisabetta e Zaccaria vengono detti giusti. Probabilmente la loro giustizia sta nell’attesa…

Dal libro del profeta Isaìa (Is 7,10-14) (Apri la versione PDF)

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto».
Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».

Salmo Responsoriale (Dal Salmo 23)

R. Ecco, viene il Signore, re della gloria

Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari e sui fiumi l’ha stabilito. R.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli. R.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 1,1-7)

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 1,18-24)

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal
Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa
“Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Premessa

Non è certo un facile ascolto quello a cui ci invita la Parola di questa IVa domenica di Avvento. Sono testi, peraltro, ben noti nella loro formulazione, nelle loro espressioni. Il grosso guaio è che noi – un po’ commossi dal mistero che contengono e anche un po’ per incapacità nostra a leggere questi linguaggi – li abbiamo identificati con delle favole… sapendo che la realtà è tutt’altra…

Certo, la realtà è tutt’altra: ma quale? Cercheremo di ripercorrere la stessa strada che ha percorso Matteo e la sua Comunità, ben disposti ad accogliere l’invito finale – lo stesso rivolto a Giuseppe e prima ancora a Maria – che ritengo la chiave di lettura di questi racconti e di tutta la vicenda relazionale uomo-Dio: «NON TEMERE!».

In ascolto della Parola

Isaia: La giovane donna concepisce e partorisce un figlio e gli porrà nome Emanuele. Siamo in un tempo difficile. Acaz non vuole “segni” da parte di Dio; lui sa molto bene cosa deve fare: cercare alleanze con le nazioni più potenti di Israele! Dio dà ugualmente un segno: un segno concreto, immediato, visibile a tutti, benché la sua lettura sia ambigua: la nascita di un bambino! Chi è questo bambino? Israele sta correndo il rischio che la dinastia davidica si perda; c’è il pericolo che il popolo perda la sua identità cercando sicurezze nelle nazioni più potenti. No, proprio il re e la sua “giovane donna” avranno un figlio: sarà il segno che Dio continua a fare storia con il suo popolo: c’è un bambino, il re ha un figlio, il popolo un discendente: Dio continua ad essere presente nelle vicende del suo popolo. Dio è presente nel suo popolo nella persona dell’unto, del re. E il re, l’unto, avrà una discendenza, la storia non si chiude.

Matteo: … Ora la genesi era (imperfetto indicativo: come dire: è, era e sarà)… (è errato tradurre “nascita di Gesù”: Matteo non parla della nascita, ma dell’origine di Gesù, ci vuole dire da dove viene Gesù!). Dio non può essere fatto dall’uomo: l’uomo può solo accoglierlo. …un angelo del Signore… Il racconto è fatto per il lettore, perché avvenga a lui ciò che è avvenuto a Giuseppe. L’ “angelo” per noi è il testo stesso: ricorda la sua esperienza perché diventi anche la nostra.  … per opera dello Spirito Santo…gli apparve in sogno…Matteo cerca di aiutare la sua comunità ad “entrare” nell’evento di quell’uomo, l’Emmanuele, il Dio-con-noi (questo il significato del Nome dato a Gesù). Dire che avviene nel sogno, nel sonno, è dire che all’uomo non è dato di capire; dire che è nello Spirito Santo, significa dire che è dono, non conquista.  …essendo sua madre fidanzata…si trovò incinta…perché si adempisse ciò che era stato detto…: ancora una volta il “segno” che Dio fa storia con l’uomo è un bambino: un evento concreto, visibile a tutti, da “leggere”. La storia di Gesù è vista in continuità con quella di Israele, come compimento della promessa a lui fatta. … Giuseppe fece … accolse: come non ripensare alla professione di fede pronunciata da Israele ai piedi del Sinai alla consegna delle Dieci Parole: «Quello che tu hai detto noi lo faremo e lo accoglieremo»?!. … Non temere di prendere con te Maria: in altri termini: la mediazione storica è fondamentale. Senza questi eventi, il cristianesimo diventa ideologia, nulla ha a che fare con il Crocifisso. Chi dice: «Cristo sì, ma Israele no; Cristo sì, ma Chiesa no; Cristo sì, e mondo no» rifiuta Cristo stesso che si è mischiato in un destino unico con Israele, la Chiesa, il mondo.

Giuseppe, il sognatore

Fermiamoci un po’ sulla figura di Giuseppe. Il suo nome significa “Dio-aggiunga!”. E’ l’immagine dell’uomo finito, ma aperto all’infinito, desideroso dell’Infinito. L’uomo è fatto per tale aggiunta. S. Agostino spiega così il “Giuseppe” che è in ciascuno di noi: <<Ci hai fatti per te, Signore, ed è inquieto il nostro cuore fino a quando non riposa in te>>.

Giuseppe mentre stava rimuginando…: non sa cosa fare; rimugina dormendo un sonno inquieto: è nel “sonno inquieto” che Dio si rivela! Come Giacobbe (Gen 28, 10ss, come Elia (1 Re 19, 1ss)… Nel sonno di suo figlio raggiungerà ogni uomo che dorme. I sogni interessano gli psicologi: uno agisce in base a ciò che ha dentro. Nella veglia ci si difende, censurando ciò che non si vuole. Nel sonno invece esce tutto in libertà. Il giusto, che ha il cuore puro, ha i sogni stessi di Dio: la sua parola parla nel sonno delle altre parole, il suo angelo si rivela nel silenzio dell’ascolto. Il pericolo è dar credito a sogni che sono semplici bisogni. Ma la Parola di Dio, se entra nel cuore, risveglia nel profondo quel sogno segreto, che è lo stesso Dio: non quello dei miei bisogni, ma quello che la Parola, l’”Angelo” mi sta rivelando.

Giuseppe, il giusto, riassume in sé i requisiti dell’ebreo figlio di Abramo, del discepolo di Gesù di Nazareth, del Figlio del Padre che, illuminato dallo Spirito suscitato da costante ascolto della Parola, “fa” e, di conseguenza, “ascolta” la Parola. Matteo - lo scriba Matteo ci ha spiegato bene come pensa e scrive: «ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 53) - ha presente molto bene quello che il popolo dell’esodo ripete ai piedi de Sinai: «Quello che tu hai detto noi lo faremo e lo ascolteremo» (Es 24, 7).

Giuseppe è l’uomo “giusto”: e giusto non è tanto l’uomo che non pecca, quanto l’uomo che cerca di lasciarsi incontrare da Dio. Quindi più che rispondere alla domanda: Cosa ha fatto Giuseppe? Matteo ci dice: Tu sei invitato a fare così. Se poi noi vogliamo sapere altre cose…non è certo nel vangelo di Matteo che possiamo trovare risposta. A noi, però, anche a noi è dato di sognare!!!

Altre chiavi di lettura

  1. Il brano di Matteo è un tipico midrash (dal verbo che significa ricercare, scrutare, esaminare, studiare). E’ un racconto “pensato” dall’evangelista Matteo per fare un annuncio che lui ritiene sommamente importante ma per il quale non ha altra possibilità di espressione: il sogno, un angelo del Signore, il passivo teologico (fu generato... è generato: il soggetto è Dio!), la stessa “struttura della chiamata”, la rivelazione del nome, Giuseppe che risponde come il popolo ai piedi del Sinai, l’evento che dà compimento alle Scritture...). Come la salvezza del popolo schiavo in Egitto inizia da una cesta di vimini che galleggia sul Nilo con dentro Mosè appena nato; come la speranza ad Acaz viene garantita da un bimbo nato da lui e dalla usa giovane donna, ancora una volta Dio sceglie di intrecciare la propria vita con la nostra attraverso la vicenda di un bambino che, per questo, rimane evento di mistero, insperato, inatteso, ma visibile e tenero come è un bimbo appena partorito!
  2. Almeno due cose sono importanti in questo racconto midrashico.
    La prima: il lettore noterà, immagino con sorpresa, che qui e nell'intera narrazione dell'infanzia di Matteo, Maria e Giuseppe non dicono una parola. Strano e bellissimo. Maria è presente in tutte le scene dell'infanzia ma non dice una parola e non compie un gesto, come in ombra. Non occupa mai il posto centrale. La sua posizione è accanto al figlio, condividendone la situazione e il destino, il rifiuto e l'accoglienza. La nota essenziale del discepolato evangelico, soprattutto quello di Maria, è di essere alla sequela, ma sempre all'ombra del figlio. Giuseppe agisce e di lui l'evangelista racconta la delicatezza di non diffamare Maria, ma anche Giuseppe non dice una parola. È l'obbediente, non il protagonista. La sua grandezza sta tutta, e soltanto, nell'obbedienza al Signore e nell'essere al servizio del bambino e di sua madre.
    Una seconda cosa, che ancor più ci interessa, è che Gesù è chiamato Emmanuele, cioè Dio con noi. Probabilmente questo è il senso del nome misterioso che Dio rivelò a Mosè nella visione del roveto. Tale, almeno, è l'interpretazione che ne dà il profeta Isaia (52,6): «Allora il mio popolo conoscerà il mio nome. Comprenderà che io dicevo: Eccomi qua». Il nome di Dio è “Eccomi qua”. Un nome semplice e consolante. Dio è uscito dalla sua lontananza e dalla sua invisibilità, facendosi visibile e concreto, raggiungibile. Venuto fra noi in forma umana, il Figlio di Dio vuole che si continui a cercarlo fra gli uomini e che lo si accolga come un uomo. Da quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, non è più possibile un'altra ricerca di Dio, perché Dio non soltanto si è fatto uomo, ma è rimasto fra gli uomini.

’OT

Significa “segno”. E’ usato in vari ambienti: militari, giuridici, sapienziali. In ambiente religioso il segno mira a mediare una conoscenza tra Dio e uomo. Negli interventi dell’Esodo, quando Dio interviene in favore del suo popolo per liberarlo da faraone (qui si parla erroneamente di “piaghe”),  lo scopo ultimo non è quello di spaventare faraone e i suoi capi, bensì di far loro capire che “Io sono Jahvè (Ex7,3ss). Il segno offerto ad Acaz dovrebbe destare la fede del re in Jahvè, rendere Acaz certo dell'aiuto divino. Acaz non vuole pre­star fede dicendo di non pretendere niente e di non volere tentare Jahvé (Deut 6, 16): la fede doveva es­sere possìbile anche senza segni. Nel­l'episodio in questione non si tratta pe­rò della richiesta, bensì dell'offerta di un segno che dovrebbe facilitare la fe­de. Pertanto il rifiuto dell'offerta è una colpa ed ha per conseguenza un segno di sventura per Acaz. L'annuncio di questo segno è introdotto dalàkén, 'perciò', la particella con cui di solito si apre la minaccia “profetica". Questo se­gno infausto non servirà a suscitare in Acaz la fede, bensì a manifestare la sua incredulità.