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Nota: Domenica 2 ottobre Celebriamo il XXIII Anniversario della Dedicazione della nostra chiesa. Ho tenuto le stesse letture per poter dare continuità al Vangelo di Luca. Ho cambiato solo la Seconda Lettura (Paolo, 2 Corinti) perché si inquadra molto bene con la riflessione che faremo nelle singole Celebrazioni.

Dal libro del profeta Abacuc (Ab 1,2-3;2,2-4) (Apri la versione PDF)

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto
e non ascolti,
a te alzerò il grido: «Violenza!»
e non salvi?
Perché mi fai vedere l’iniquità
e resti spettatore dell’oppressione?
Ho davanti a me rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese.
Il Signore rispose e mi disse:
«Scrivi la visione
e incidila bene sulle tavolette,
perché la si legga speditamente.
È una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perché certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 94)

R: Ascoltate oggi la voce del Signore.

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. R.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. R.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere». R.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1 Cor 3,9c-11.16-17)

Fratelli, voi siete l’edificio di Dio.  Secondo la grazia di Dio
che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto
il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra.
Ma ciascuno stia attento come costruisce.
Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello
che già vi si trova, che è Gesù Cristo. 
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio
abita in voi?  Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui.
Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,5-10)

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

INCONTRO CON IL TESTO

La comunità di Luca sta facendo una duplice difficile esperienza: [1] Il livello attuale della fede che la anima non è in grado di rispondere ai problemi nascenti nel proprio interno. [2] Da soli non sono in grado di migliorare la propria situazione.

Gli apostoli: «Aumenta la nostra fede» (letteralmente: aggiuncici fede). L’apostolo è l’inviato dal maestro a portare la notizia della sua venuta oltre la cerchia della comunità. La fede è esperienza personale che lega discepolo e maestro: è proprio questa relazione che entra in crisi. Questo spiega il perchè gli apostoli si sentano inadeguati; d’altra parte non possono dimenticare che questo fa parte della relazione esperienziale con il Maestro: perciò è ancora a Lui che si fa riferimento.

Signore…E’ un titolo solenne che rivela un passaggio, un cambiamento nella relazione maestro – discepolo: non più un “maestro”, un “rabbi” (così veniva chiamato Gesù quando camminava per la Palestina); ma il “Signore”, colui a cui si dà una adesione non solo intellettuale, ma esistenziale, totale: è la persona che dà senso, spessore, gusto, colore…a tutta la vita.

Nota: maestro-discepolo; signore-credente…: nella Chiesa degli anni 80 Luca cerca di riportare, far rivivere, la stessa intensità relazionale che univa Gesù e suoi discepoli; per i nuovi apostoli è necessario riscoprire questa intimità relazionale perché la misericordia del Padre possa essere ancora annunciata e testimoniata.

…un granello di senape: la comunità di Luca conosce le varie parabole del seme; in particolare, conosce la parabola del seme di senape. Occorre non dimenticare quell’annuncio, ora che la Chiesa si sta rendendo conto che è una minoranza, spesso insignificante, tra mille difficoltà. Il Regno cresce, anche se tutto sembra smentirlo: la stessa cosa è successa a Lui, il Signore, la stessa cosa succederà al discepolo. E il discepolo avrà l’impressione di essere un perdente, uno sconfitto. Luca, come suo solito, ricorre al paradosso: la fede ha ancora delle risorse là dove invece la ragione si ferma.

Questo spiega l’immagine parabolica del padrone e dello schiavo.

…uno schiavo…il padrone… Lo schiavo è la persona che non appartiene a se stessa… come il suo Signore, tutto del Padre e dei fratelli. Il padrone non serve; il nostro Signore è in mezzo a noi come uno che serve: è la buona notizia che Luca registra nel suo Vangelo.

RIFLESSIONI

  1. Facciamo sosta su quattro parole che definiscono il discepolo-apostolo della chiesa di Luca:
    • Servo-schiavo: con dentro la memoria del Figlio-Servo cantato da Isaia a cui Dio affida il compito di portare a tutti la salvezza a prezzo della propria vita. Quindi è il servo del suo Signore.
    • Che ara, che pascola: è il compito di chi è chiamato ad annunciare il vangelo e prendersi cura dei fratelli
    • Acreios (così il testo greco): tradotto inutile; il testo greco autorizza (specialmente nel contesto del servo-schiavo) altre traduzioni a mio avviso più pertinenti; cioè: sei
    • semplicemente servo non puoi avere altre pretese; addirittura sciocco.
  1. Essere servo può nascere solo da una scelta. Perché scegliere di essere servo è il segno più concreto di libertà. Un servo, per scegliere di essere servo, deve essere profondamente libero. Cosa significa? Io sono libero, io agisco gratuitamente, solo quando non ho bisogno di guadagnare, perché ho altrove la sorgente del mio sostentamento. Io sono gratuito solo quando ho le spalle al sicuro!!! Cristo è servo, è disposto a morire sulla croce, perché ha le spalle al sicuro: si fida, si sente amato dal Padre!!! E’ tale la sua relazione con il Padre, è tale il suo legame con il Padre, che anche se tutto sembra fallirgli attorno, la sua risposta è questa: Padre, nelle tue mani mi affido!
  2. La logica del «servo semplicemente servo», o del «servo sciocco» probabilmente è quella che più dà senso, significato, alle nostre vite perché è la logica che più ci avvicina al nostro Maestro: così ha agito nei confronti di coloro che si avvicinavano a lui, indistintamente; se un’eccezione c’era, era con i più disgraziati! E’ un agire indispensabile, non inutile. Se Cristo-servo non fosse venuto tra noi... Se nessuno mai ci avesse annunciato il Vangelo, l’amore di Dio per noi... saremmo più poveri, ci mancherebbe qualcosa... Così come noi ci troveremmo in difficoltà se, entrando in chiesa, ci accorgessimo che nessuno l’ha pulita, i fiori fossero appassiti in terra, nessuno avesse preparato la celebrazione: servi «senza utile», non «inutili»! E se qualcuno non pensasse a chi è in difficoltà, vive situazioni difficili... «servi sciocchi», forse (secondo il modo di vedere della stragrande maggioranza di noi), ma non «inutili»! Questa è una logica rischiosa: può risultare follia! Il credente e il folle hanno confini molto simili, non dimentichiamolo.
  3. Il servizio senza pretesa di ricompensa si inserisce molto bene nel contesto della polemica con gli ambienti religiosi del tempo e…di ogni tempo! Forse nella comunità di Luca si era già sviluppato un certo senso di “merito” per cui si riteneva di poter avanzare pretese particolari a causa di presunti servizi compiuti? Solo allora?

DOULOS

Nel N.T. la famiglia di doulos = schiavo designa un rapporto incondizionato di dipendenza da un kurios = signore il quale rivendica una signoria totale, cui corrisponde solitamente da parte del doulos una completa sudditanza sufficientemente fon­data sul semplice fatto che esiste il kurios; essa cioè non ha bisogno di altra particolare giustificazione morale o religiosa, in quanto è la legge stessa che ne assicura la validità. Il rapporto tra padrone e schiavo nelle parabole di Gesù è delineato con assoluta so­brietà. Del termine doulos, Gesù si è servito per due scopi: 1) per esprime­re l'assoluta dipendenza degli uomini da Dio, e 2) per significare che Dio, nel suo rapporto con gli uomini, non sottostà a condizioni di nessun genere. Qui il termine doulos esprime sempre un dato di fatto cui non ci si può sot­trarre e di cui invece bisogna portare le conseguenze, se non si vuole incorrere nella punizione. Non c'è posto per una volontà propria accanto a quella del kurios per un'iniziativa personale com­patibile con la sua sovranità. Ricorre anche la menzione del carattere esclu­sivo del rapporto che lega lo schiavo al kouros (vedi Mt 6,24; Lc 16,13).