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Desidero premettere alcuni passaggi dell’incontro che Enzo Bianchi ha tenuto a Bose sullo Spirito Santo il 23 maggio scorso. Penso possano aiutarci a comprendere le prossime tre Feste (Spirito Santo, SS.Trinità, Corpus Domini).

La Chiesa ripete la formula “Terza persona della SS: Trinità”. Oggi le formule dogmatiche dicono molto poco alle nuove generazioni e qualche volta diventano addirittura degli ostacoli per una comprensione più fresca, più chiara, più diretta, più esistenziale del mistero di Dio. Quando si parla di Dio preferisco parlare di mistero di unione tra Amante e Amato. Preferisco: c’è Colui che genera, Colui che è generato, c’è lo Spirito Santo che rende possibile la generazione. Incapacità delle formule dottrinali per trasmettere la fede. Ne ha piena consapevolezza Papa Francesco: «Noi ci esprimiamo solo in termini dottrinali, teologici, ancora di più in termini dogmatici; con ogni probabilità l’uomo d’oggi non è più capace di cogliere queste formule».

Gregorio Nazanzieno ha un’espressione: «Lo Spirito Santo volto di Dio insieme al Figlio...Oggi nella vita della Chiesa, siamo nel IV sec., lo Spirito Santo che vive tra di noi ci accorda una comprensione più profonda di se stesso». Poche righe ma che sono di una importanza capitale per un cattolico. L’AT ci ha rivelato soprattutto Dio e ha parlato di Dio, ci ha preannunciato la venuta del Messia e che questa venuta era di Dio stesso. Ma in modo oscuro ci ha parlato del Figlio a tal punto che gli Ebrei, che non hanno avuto accesso al NT, non hanno all’interno della loro fede, questa fede che in Dio c’è un Figlio. Aspettano il Messia, ma il Messia non è Dio stesso che verrà secondo loro.

Ma poi, dice Gregorio, nel cammino che fa la Chiesa e in quel cammino che sempre è approfondimento del Vangelo, in cui non la fede ma siamo noi che capiamo meglio la fede, siamo noi che andando avanti nella storia comprendiamo sempre meglio il Vangelo e il mistero di Dio, Dio ci accorda una comprensione più chiara di se stesso.

Dagli Atti degli Apostoli At 2, 1-11 (Apri la versione PDF)

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

Salmo Responsoriale Salmo 103 (104)

Rit. Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue opere, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature. R.

Togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra. R.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto, io gioirò nel Signore. R.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1 Cor 12,3b-7.12-13

Fratelli, nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.

Dal vangelo secondo Giovanni Gv 20,19-23

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Incontro con la Parola – Significato di PENTECOSTE
La «Pentecoste», l’«effusione dello Spirito Santo» si rifanno a precedenti ebraici. Per gli antichi ebrei la «festa delle settimane» (nella lingua greca Pentecoste) cadeva sette settimane dopo la Pasqua. Si celebrava la mietitura, il raccolto: lo «Spirito Santo» era stato ripetutamente annunciato dai profeti come la piena manifestazione messianica, il pieno raccolto della giustizia di Dio.
Il racconto degli Atti ha dentro la memoria di altri eventi del Primo Testamento:

...gli apostoli tutti insieme...un rombo...vento...lingue di fuoco..E’ subito evidente l’analogia con la rivelazione di Dio al Sinai

...cominciarono a parlare in altre lingue...ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua... Chiaramente avviene il contrario di quanto avvenne a Babele, dove gli uomini volevano una lingua sola.

...la folla fuori di sé dallo stupore diceva: Li udiamo annunciare nelle nostre lingue le opere di Dio... La prima lettura finisce qui, al v. 11. La liturgia ci vuole risparmiare oggi i versetti 12-13 che dicono così: « Ma che roba è questa?! ...Alcuni beffeggiavano dicendo: - Sono pieni di vino questi! - ».

Il racconto di Giovanni ha dentro la memoria di altri eventi del Primo Testamento:

...Pace a voi (shalòm): per due volte (la terza volta avviene nell’incontro con Tommaso): c’è quindi un augurio di pienezza di vita.

... alitò su di loro... Sta dentro ai tre riferimenti precedenti. E’ chiaro il riferimento al soffio vitale con il quale Dio animò l’uomo, all’inizio.

In ascolto della Parola

  1. I versetti 12-13 (omessi!) sono in realtà un invito a cogliere maggiormente in profondità l’evento della Pentecoste: fa parte dell’annuncio della Pentecoste (così come fa parte di tutto l’annuncio della salvezza operata da Dio nella vicenda del popolo ebraico, nella chiesa, nel mondo intero), un velo di sospetto e di incredulità. Non sono solo caratteristiche dell’uomo post-moderno, sono scritte nel DNA dell’uomo, a qualunque popolo e a qualunque religione seria appartenga. L’uomo sarà sempre caratterizzato dal sospetto, dal dubbio; l’uomo sarà sempre capace di negare razionalmente l’evidenza dell’annuncio.
  2. La promessa attende ancora il compimento: lo andiamo ripetendo da varie domeniche. Nel mondo non c’è la pace; nel mondo c’è solo un’apparente cultura della vita. Più che mai appare evidente che quanto annunciato nella Torah ebraica e poi riletta e ripresa nelle generazioni successive non è una memoria del passato, ma la vera profezia sull’uomo: dobbiamo attendere la pienezza del Regno!
  3. Parlare di «dono dello Spirito» (linguaggio sempre molto misterioso per chi non ha cuore e orecchio quotidiani nella Parola) significa parlare dell’esperienza cristiana nella sua pienezza; un’esperienza che pervade fin nell’intimo il credente che si lascia permeare, plasmare, illuminare, consolare dal continuo intervento di Dio nella propria vita. In altre parole, la riflessione sullo Spirito Santo difende una concezione della vita cristiana dinamica, storica, in progressione. E questo – notiamo bene! – non per chissà quale sforzo dell’uomo. Ma perché l’uomo ha in sé la capacità di lasciarsi trasformare dalla presenza e dall’azione dello Spirito in un processo di assimilazione alla Pasqua di Cristo che fa della sua vita un’esperienza bella, vissuta nella carità, nell’amore. Noi lo Spirito non lo vediamo; ne vediamo però le conseguenze in chi si lascia guidare da Lui: la serenità nella difficoltà, il perdono anziché la vendetta, la scelta della vita anziché la scelta della morte, l’essenzialità della vita anziché l’accumulo, la misericordia e non il giudizio. Noi siamo guidati dallo Spirito se siamo capaci di “dare ragione a Gesù Cristo”.
  4. Un nota po’ amara ma doverosa. L’evanescenza dello Spirito (evanescenza perché non nasce dall’orecchio e dal cuore immersi nella Parola di Dio) è oggi surrogata dalla presenza onnipervasiva di uno “spirito” debole, fiacco, esoterico, che si esprime semplicemente nello specchio delle emozioni e delle sensazioni di cui l’uomo d’oggi ha bisogno ma che non comporta il cammino e la lotta in cui la libertà si lascia ricreare dallo spirito di Dio.

Semi di contemplazione

...avendo detto questo, soffiò... (Gv 20, 22)

Porto in me, nel soffio vitale che tiene insieme la mia polvere, la memoria del gesto creatore e porto in me la memoria della vocazione alla nuova creazione, quella che avverrà nel giorno UNO. Sembra che la mia relazione con Dio sia tutta affidata ad un soffiare incessante, dove cose nuove e cose antiche si incontrano per narrare le meraviglie operate da Dio nei miei confronti.

E io, ogni volta che respiro, ogni volta che riprendo il soffio per continuare a vivere, sono per me memoria di questo intreccio amoroso tra Creatore e creatura, tra Dio e uomo. Il soffio che a volte stenta ad uscire, il soffio a volte pesante, lento, faticoso; il soffio prima ed ultima parola dell’uomo è in me memoria di un atto d’amore.

Il soffio che ha animato la prima polvere, all’inizio; il soffio che ha animato la prima chiesa impaurita, nella ripresa, nel secondo inizio: è la sintesi più parlante dell’opera di Dio in me e della mia risposta faticosa alla sua opera. Il soffio entra in me, porta ossigeno, porta vita; lo stesso soffio, diventato “mio” soffio, riempito della mia vita, caricato delle mie tossine, dei miei germi nocivi viene riconsegnato a chi me l’ha donato. Nell’atto dell’inspirare e dell’espirare io faccio la prima e fondamentale esperienza di Dio.

Ogni volta che respiro, io ripeto a me stesso e a chi mi sta vicino il mistero della Pentecoste. Perché ancora lo Spirito soffia, attraverso il soffio della Chiesa. Perché risuoni ancora la Parola di Dio Creatore è indispensabile che qualcuno soffi, aliti sulla parola morta... come il primo giorno, come a Pasqua, come a Pentecoste, come nell’assemblea domenicale, come nella celebrazione del Battesimo, del matrimonio, dell’ordine, della cresima, dell’unzione degli infermi... Senza “avendo detto questo”, cioè senza la Scrittura, letta nello Spirito, Cristo non lo troviamo...anche se lo vediamo!

Quando viene dato fiato alla lettera morta (leggi: non abbiamo saputo conservare la freschezza e la bellezza della Parola... la Parola ha perso sapore, profumo, bellezza... la Parola è di fatto morta nelle nostre vite...: ricordi domenica scorsa?!) quando qualcuno respira sulla Parola, si compie il grande evento in cui Dio risuscita la Parola con lo Spirito: si ripete il prodigio della Pentecoste!

Per farla breve:
io respiro con il respiro di Dio! Non chiedetemi di più!