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Dal libro dell’Èsodo (Apri la versione PDF) (Ascolta il commento audio)

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 120)

Rit: Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele. R.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte. R.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. R.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (2Tm 3,14-4,2)

L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Parola di Dio

Canto al Vangelo (Ebr 4,12)

Alleluia, alleluia.

La parola di Dio è viva ed efficace,
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

Alleluia.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 18,1-8)

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Riascolto

Il “Veniente” non ritorna. Allora? La comunità di Luca è stanca di attendere.

Ascoltiamo la Parola … pregare sempre…e non incattivirsi… Altro modo per dire che la Chiesa deve continuamente restare in attesa del Veniente. La preghiera è il luogo della noia: la cosa più noiosa che ci possa capitare è aspettare una persona che non arriva! Non è forse vero che le nostre attese si riempiono dei fantasmi peggiori?  …un giudice…una vedova…Quello del giudice è un potere, un potere arrogante: senza religione e senza pietà. Dall’altra parte c’è il suo contrario: la vedova che da tutto e da tutti dipende. …fammi giustizia…a lungo lui non voleva... Esperienza dell’uomo che cerca la relazione con Dio: quando pensa che lui c’è, quando crede di averlo incontrato, allora incominciano i problemi: perché si rende conto che, se veramente ha incontrato Dio, questo Dio è diverso da quello che lui aveva immaginato: perché non può afferrarlo, si nasconde. E’ l’esperienza del fallimento, è l’esperienza della nullità della preghiera, è l’esperienza della vedovanza. … mi dà fastidio…fino alla fine a rompermi la testa…E’ la nostra esperienza: quando uno ci chiede qualcosa e non vogliamo concederla e quello insiste viviamo l‘esperienza del fastidio: ci sentiamo violentati! … ciò che fece il giudice ingiusto…ora non farà giustizia…? Se lo ha fatto un giudice, un uomo, a maggior ragione lo farà Dio. Nella certezza che, alla fine, il Veniente arriva per “fare giustizia”, cioè per portare a compimento la storia della salvezza, il dialogo di tenerezza che Dio da sempre tiene vivo con il suo popolo.

Riascoltiamo la Parola

La VEDOVA è la Chiesa; l’Amante se n’è andato e, contrariamente a tutte le promesse, non ritorna. Ogni sua preghiera risulta inutile. Il GIUDICE è il Signore: a lui il compito di rendere giustizia all’orfano e alla Vedova. Ma l’Amante non ritorna, nonostante le promesse: la Chiesa supplica invano? A chi si può rivolgere, a quale giudice? <<Marana tha : vieni, o Signore>>: prega così la comunità dell’Apocalisse stanca di aspettare. Il fatto che Dio stia in silenzio, sembri essere lontano, distante e distaccato, quasi seccato, rende molto bene la nostra fede povera: pensiamo che Dio vada trattato come un “giudice”, come uno a cui debbo strappare una sentenza di assoluzione e non come…. lo Sposo Veniente. Chiesa non smettere di “pregare”, cioè di parlare con lo Sposo: siamo in attesa di Lui, non di un giudice! Quanta nostalgia e, insieme, quando dolore per questa assenza!!!

In questa XXIX domenica siamo invitati a riflettere sulle nostre stanchezze: perché non diventino rassegnazione ma si colmino di attesa e speranza, coscienti che anche le realtà più assurde, come la morte, sono le realtà penultime dal momento che le ultime sono in buone mani, quelle di Dio. Poche altre volte la Liturgia ci offre un messaggio unitario come in questa domenica.

Cristo/Luca ci interrogano così: il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà fede sulla terra? E io sono disposto a vivere di attesa? Attesa di chi, sto aspettando chi? Pur non sapendo esattamente dove sto andando, sono un rassegnato o in cammino? So che posso sapere qualcosa delle realtà penultime, ma dell’ultima no, non dipende più da me? Riesco ad aprirmi, giorno dopo giorno, a un dono che comunque rimane Mistero, tuttavia annunciato da eventi raccolti in un Libro, nato lungo i secoli e che continua ad interrogarmi? E mai dimenticare che, in ultima analisi, quel Libro di fatto, è una persona!

Luca sta parlando alla sua Chiesa, alla sua comunità, stanca di attendere: e siamo solo agli inizi!! Il Maestro – lo Sposo – non ritorna, contrariamente alle attese. Senza Cristo – lo Sposo – la Chiesa di Luca si sente inutile, non conta niente, vittima di chi conta: proprio come un tempo la vedova. Una chiesa senza diritti, in balia di un Giudice incapace di rendere giustizia. E chi è questo Giudice che non teme Dio? E’ azzardato identificare Dio con questo giudice che non teme Dio e non ha riguardo con alcuno?! Forse i cristiani di Luca hanno da subito iniziato a parlare di un “dio”, non del Dio di Gesù Cristo: un Dio che avevano in mente loro, insomma un Dio che non esiste!

Ma, Luca/Gesù ci avvertono: nessuna novità, quella domanda ha sempre accompagnato l’uomo che cerca e a fatica si lascia cercare da Dio. La prima lettura, dal libro dell’Esodo, si narra che il popolo nel suo pellegrinare nel deserto, è giunto a Refidim, luogo simbolo di un calo di fede. Si racconta che quando Mosè alzava le mani vincevano ma quando – per la stanchezza – le abbassava, perdevano. Mani in alto, mani tese e arrese a Dio: immagini parlanti per dire relazione, affidamento, fede in Dio. Ma può subentrare la stanchezza; anche l’uomo di fede – come Mosè – può lasciarsi cadere le braccia, stancarsi, smarrirsi per strada. Nota sublime: arriva in aiuto la comunità a sostenerlo: essenzialità di una comunità; anche questa, però, può dare segni di stanchezza!

Cerchiamo di entrare noi, esiliati del 2025, in queste pagine. Due annotazioni.

  1. La prima nasce da una domanda che Luca mette in bocca a Gesù stesso: il Figlio dell’uomo, venendo, troverà fede sulla terra? Questa è la fede: un’operosa, consolante, orante attesa del suo ritorno. Qual è la più grande e radicale tentazione? Non attendere più, convinti che di fronte agli eventi della vita noi possiamo solo cercare di difenderci, rassegnati al pensiero che l’ultimo evento della nostra vita porrà fine ad ogni speranza. MA – se so attendere, se so stare in ascolto della Parola – pian piano arrivo a fidarmi che quello sarà il penultimo, perché l’ultimo sarà l’Incontro che dà senso a tutti i nostri vuoti, i nostri dubbi, i nostri non-senso. Tutte le altre sono delle “tentazioncine”, tutto sommato di poco conto, facilmente superabili e, comunque, originate dalla vera tentazione.
  1. Purtroppo noi abbiamo smarrito la dimensione escatologica, cioè l’attesa delle ultime cose. E’ rimasto il pensiero, non raramente, la paura della morte. Viviamo anni chiusi, in un presente contradditorio e conflittuale. Il massimo che speriamo è che finisca la guerra, la paura, il terrorismo. No! Il futuro è più ricco, la Storia va avanti, nonostante tutte le contraddizioni. Ma chi si rende conto di questo? Colui che è in attesa del ritorno del Signore, fiducioso di questo ritorno, non guardando tanto a quello che vede attorno, quanto piuttosto a una novità di vita fatta di gesti, condivisione, partecipazione che ci fanno solidali con l’Uomo di Nazareth, il Signore. Cristo che ritorna oggi nella Parola, nell’Eucarestia, nei fratelli, come ci trova? Di qui nasce l’attesa operosa. L’intrattenersi con lui nella preghiera è essenziale: pur nella convinzione dell’inutilità – siamo sinceri, questo sospetto ci accompagna sempre – e noi lo scusiamo con la motivazione che non so pregare, in tutti i modi l’importante è fare, fare…fino a dimenticare Chi sto aspettando. Oggi siamo invitati a leggere le nostre stanchezze partendo da un’altra parte: quale?

Quella frase del Padre Nostro, allora, non va più colta come l’unica negativa ma come una sintesi positiva di tutte le altre: «Dio, fa’ che io continui a fidarmi di Te; io sono in bilico, tra il dubbio senza ritorno e la fede, mostrati a me Padre! Quando io sto per dire “no”: alla tua volontà, al tuo Regno, al tu perdono…fermami prima, fermami in quel limite dove io, come un tempo il popolo nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto, grido Il Signore è in mezzo a noi si o no?! (Es 17, 17) Tu sei mio Padre si o no?! Fermami, perché non vada oltre e sappia dirti Amén, voglio camminare con te! Sì, quando Tu ritornerai, Tu mi troverai pronto ad attenderti.  E, lo so, ogni giorno, nei miei giorni, Tu ritorni.»

Insomma: fin che non avremo sperimentato e superato l’inutilità (per noi) della preghiera, non potremo mai dire di avere fatto una vera esperienza di Dio, non avremo maturato una vera nostalgia di Dio!